Piccolo diario dalle colline a sud di Hebron

Israele/Palestina

Piccolo diario, dalle South Hebron Hills, per non essere solo noi i pochi ad avere parte nella storia di questo villaggio, come tanti altri nella West Bank, oppresso dall’ingiustizia.

Y. e sua moglie hanno 4 figli. Vivono tutti in una sola stanza.
Così come in una sola stanza vivono il fratello con la famiglia, la madre con 4 figlie, altri due fratelli.
Non possono costruire una nuova casa, o aggiungere una stanza. Questa è zona C, sotto totale controllo militare israeliano, nulla può essere fatto senza permesso.
Eppure di spazio ce ne sarebbe tanto.
Dalla terrazza della casa si vedono i suoi ulivi.
50 metri.
Ma non possono andarci.
Nemmeno farci pascolare le capre.
Dalla terrazza della casa si vede anche l’insediamento dei coloni israeliani.
Se va nel campo i coloni lo malmenano, o lo fanno arrestare.
Solo 50 metri.
Si possono anche vedere gli uccelli sui rami.
La prossima settimana dovrebbe cominciare la raccolta delle olive, e Y. non sa ancora se avrà il permesso di andare nel campo, e per quante ore al giorno.
Penso agli uliveti che ci sono dalle parti di casa mia, sul Lago di Garda…a quanti in Italia in questi giorni si apprestano alla raccolta.
Nei campi in questi giorni ci si può andare solo in presenza di Internazionali a protezione dei contadini.
Sei ragazze oltre i 13 anni di questo villaggio non vanno a scuola perché le scuole sono ad Al-Karmil ed è troppo lontano e pericoloso per andarci a piedi.
Il villaggio aveva due pozzi di acqua potabile, ma una notte i coloni sono scesi fino al pozzo e ci hanno versato dentro una sostanza tossica. Per fortuna la gente se ne e’ accorta prima che qualcuno la bevesse. Adesso va purificata, e cosi’ per bere bisogna andare al pozzo in fondo alla strada, coi secchi o le bottiglie, e portarsele a braccia fino in casa.
Oggi pomeriggio ho avuto un momento di sconforto di fronte a tanta ingiustizia, ma N. mi ha detto: “un uomo da solo viene spezzato. Più uomini insieme, no! Questa è la nostra forza”.
E per farmi meglio capire, spezza con le mani un rametto, poi prende una piccola fascina di legna e mi mostra come sia difficile spezzarla con le mani.
Domani si dovrebbe riprendere a costruire un ambulatorio medico con i finanziamenti di alcune realtà europee, ma l’amministrazione civile israeliana non da’ il permesso.
La gente comincerà a lavorare lo stesso, rischiando multe e l’arresto.
Le piccole soddisfazioni di queste giornate? far attraversare al trattore la strada riservata ai coloni, per portare da Yatta, il capoluogo, al villaggio il materiale da costruzione per la clinica.
Attraversare una strada, di questi tempi e in questi luoghi, è una cosa davvero grande!
Sono le sette, parte il generatore di corrente. Per quasi 4 ore avremo la luce, potremo accendere qualche lampadina, si ricaricano i telefoni, il frigorifero del villaggio rinfrescherà le bevande che domani pomeriggio saranno di nuovo inesorabilmente calde.
Le casette sul fianco della collina hanno tutte una piccola luce fuori dalla porta, il vento porta la musica di una radio accesa da qualche parte insieme al canto del Muezzin, lontano, a Yatta.
Di fronte, già da un’ora l’insediamento ha le luci accese in strada, nelle stanze delle case, e la strada statale, da tempo riservata solo ai coloni, ha acceso i lampioni.
Il ronzio roco del generatore fa concorrenza ai belati delle capre e alle risate dei bambini.
Tra poco farà buio e la terra e la sabbia si spoglieranno dell’oro per far posto al grigio in questo improbabile presepe, con le casette e le lucine, in terra di Giudea.
Con il mio secchio d’acqua, vado a lavarmi via di dosso la polvere di questa giornata.
Non c’e’ acqua, invece, che possa lavare via la tristezza e la rabbia per quello che questi uomini e donne sono costretti a subire e che mi tocca di vedere tutti i santi giorni.

un abbraccio di pace
salamshalom
c.