Anche oggi le persone a Gaza muoiono

Palestina/Israele

Gerusalemme, 10 gennaio 2009


Anche oggi le persone a Gaza muoiono.
Guardo la tv e vedendo scorrere le immagini mi rendo conto che fa male ogni volta allo stesso modo. La signora seduta al mio fianco tenta di tradurmi dall’arabo all’inglese il racconto della giornalista.
Talvolta si interrompe. La voce viene rotta da un nodo alla gola che non le permette di dirmi che i morti ora sono circa 800. Poi mi racconta di quando durante il ’67, nel suo villaggio, accadevano più o meno le stesse cose. 42 anni fa. E ancora oggi continuano ad accadere le stesse identiche cose, solo con l’aiuto di armi più “sofisticate”, le stesse giustificazioni, la stessa violenza, la stessa sconvolgente indifferenza internazionale.
Ottimismo: questa è la parola che mi è balzata agli occhi qualche giorno fa leggendo su internet un articolo su un noto quotidiano italiano online. Si riferiva allo stato d’animo del premier francese Sarkozy.

E provo un senso di colpa terribile perché io non riesco a provare lo stesso ottimismo a Gerusalemme.
Il 27 dicembre io e Federica eravamo ad At-Tuwani.
Non molto distante dal villaggio si trova una base militare. Durante la notte un rombo inquietante non mi ha permesso di dormire.
Sono uscita all’esterno e, alzando gli occhi, ho visto il cielo costellato di caccia militari.
Ho provato una sensazione molto strana, come un pugno nello stomaco.
Il giorno seguente abbiamo appreso dall’Italia che Israele aveva iniziato a bombardare Gaza provocando la morte di circa 300 persone e il ferimento di migliaia di palestinesi.
Non sono riuscita a dire nulla.
Le notti seguenti il rombo non si è fatto attendere.
E mentre i veri terroristi si nascondono in bunker sotterranei, i civili muoiono come mosche.
La domanda che, come un ritornello mi risuona nella mente, è: “Come possono gli uomini politici e l’opinione pubblica di tutto il mondo tacere dinnanzi ad un massacro (e  non la si chiami crisi) del genere?”.
Come possono non rendersi conto che sono i poveri a morire? E gli innocenti? E le madri? E i padri? E i B A M B I N I?
Come si può parlare di lotta al terrorismo quando vedi un bambino in lacrime sotto shock riverso sul corpo della madre senza vita perchè  dopo giorni senza né cibo né acqua i genitori tentano di tenere in vita i figli con il poco rimasto?
Come si può parlare di giusta causa quando i padri cadono a terra come bambole di pezza perché freddati da una scarica di un mitra ultimo modello?
Chi ha il coraggio di pensare anche solo per un attimo che i bambini ridotti a brandelli e bruciati dalle bombe al fosforo bianco, debbano pagare lo scotto di una “guerra giusta”?
E il resto del mondo guarda le immagini alla tv (molto diverse da quelle trasmesse qui) e, semplicemente, cambia canale. Gli abitanti di Gaza non hanno alcuna possibilità di modificare ciò che sta loro accadendo. Muoiono.
I militari ora sono ovunque. La parte est di Gerusalemme è blindata. Un corteo di palestinesi-israeliani si è radunato oggi di fronte alla Porta di Damasco. Esibivano un cartellone con una delle tante terribili immagini provenienti da Gaza e la scritta sottostante recitava in inglese: “L’indifferenza del mondo nei confronti di Gaza”e il fatto di provenire da quell’indifferenza per un attimo mi ha fatta sentire con le “mani sporche”.
Hebron è una città fantasma, ai quotidiani soprusi dei coloni ebrei a danno della popolazione palestinese si è aggiunto il delirio di onnipotenza dei soldati israeliani che si permettono di buttare la gente a terra e riempirla di botte.
L’ aria che si respira qui è come il piombo.
Tutti fanno finta di niente, in realtà, si guardano alle spalle come se da un momento all’altro qualcuno dovesse farsi saltare in aria. La paura si sente. E’ come un mantello che avvolge tutto e tutti.
Al villaggio le persone ti parlano di ciò che sta avvenendo a Gaza come se accadesse ad un parente stretto e continua a chiedere guardandoti negli occhi: “Ma come è possibile che nessuno faccia niente? Perché è normale che i palestinesi muoiano come bestie?”. Poi qualcuno aggiunge: “E’ giusto che i terroristi paghino ma, i bambini che colpa hanno? Le persone malvagie ci sono ovunque ma non per questo degli innocenti devono essere massacrati!”.
Ed io non so cosa rispondere. Ogni parola mi sembra banale dinnanzi ad una tale tragedia e per rispetto del loro dolore cerco di mostrarmi forte, di non lasciar trasparire segni di cedimento.
E anche sapere che, proprio in questo preciso istante, mentre le mie dita scorrono sulla tastiera del computer, a Gaza le persone urlano, piangono, muoiono, porta con sé emozioni contrastanti. La verità è che in questo istante vorrei essere là, vicino a quelle persone perché, sono convinta, non basti l’ottimismo. E’ troppo semplice essere ottimisti sulla pelle degli altri.
In questi giorni ho spesso provato ad immaginare come si può sentire una persona che capisce di essere sola al mondo, che la vita sua e dei suoi familiari non ha valore solo perché si trova nella parte sbagliata del mondo.
In realtà non potrò mai comprendere fino in fondo cosa si provi ma, vivere a contatto con le persone del villaggio mi sta insegnando quanto sia fondamentale l’unità. Sapere di non essere soli dona la forza di sperare che un giorno le cose possano cambiare, ma non a discapito di una delle due parti, ma a vantaggio di entrambe. Perché schierarsi è troppo ovvio e semplice, bisogna avere il coraggio di individuare l’ingiustizia ovunque essa si trovi. E proprio in questa terra in cui, a volte, l’ingiustizia è così evidente e lo squilibrio di mezzi così palese, penso sia giusto, anziché puntare il dito, riflettere su quanto sia assurda una morte violenta sia da una parte che dall’altra del confine.
E vorrei tanto che alle manifestazioni non si portassero bandiere o precetti religiosi. E’ al rispetto della dignità ed al valore della vita umana che si deve inneggiare, non ad una causa politica. A questo in passato ed ancora oggi ci hanno già pensato coloro i quali hanno solo arrecato danno ai palestinesi.
Vorrei che agli abitanti di Gaza si pensasse come a degli esseri umani e che ai bambini di Gaza non venisse tolta la possibilità di diventare grandi.
Questi spero siano i buoni propositi per il 2009.
A.