Attacco israeliano alla flotilla

Palestina - Striscia di Gaza

Nella notte tra domenica 30 e lunedì 31 maggio, la marina israeliana ha attaccato la nave turca “Mavi Marmarà”, una delle sei navi che compongono la “Freedom Flotilla” in acque internazionali a oltre 70 miglia dalla costa israeliana. Le vittime accertate sono al momento 9 e 30 i feriti.. La nave con 700 pacifisti a bordo stava tentando di raggiungere la Striscia di Gaza per portare 10.000 tonnellate di aiuti umanitari alla popolazione palestinese ormai da tempo stremata a causa dell'embargo posto da Israele. Dal 1993, anno degli accordi di Oslo, Israele ha mantenuto il controllo delle acque territoriali a largo della Striscia di Gaza per una distanza di 20 miglia. L’assalto alle sei navi pacifiste secondo il diritto internazionale è un atto di pirateria compiuto in acque internazionali a una distanza di 70-80 miglia dalla costa. Dopo l’avvertimento lanciato affinché le navi pacifiste invertissero la rotta, gli uomini delle unità speciali israeliane sono saliti a bordo da piccole imbarcazioni ed elicotteri e, in circostanze ancora da chiarire, hanno aperto il fuoco.

Cinque delle sei navi sequestrate dagli israeliani sono state costrette a dirigersi verso Ashdod dove la «Marmara» è giunta nel tardo pomeriggio. Non sono ancora stati resi noti i nomi dei morti né dei feriti.
Il governo Netanyahu ha parlato di «agguato» teso allo Stato di Israele da organizzazioni islamiche turche alleate di Hamas a Gaza e per il ministro della difesa Ehud Barak a Gaza «non c’è una crisi umanitaria e nessuno muore di fame» e il blocco di quel territorio palestinese «ha il solo fine di impedire l’afflusso di armi e di terroristi». La difesa israeliana parla di "spari dalla nave" contro i commando che si apprestavano a salirvi a bordo, di "passeggeri armati di coltelli che tentavano di strappare le armi ai soldati" e sostiene che i soldati siano stati mossi dalla necessità di difendere la propria vita, attraverso mezzi anti-sommossa e l' utilizzo di armi da fuoco. Questa versione dell’accaduto viene però categoricamente smentita dagli organizzatori della «Freedom Flotilla». Il Consiglio di sicurezza dell'Onu e l' Unione Europea hanno condannato il blitz israeliano e hanno chiesto un'inchiesta e il rilascio degli attivisti e delle loro imbarcazioni ma Israele sembra ignorare la gravità del suo gesto e soprattutto la morte di civili. Inoltre, un alto comandante della marina israeliana ha dichiarato oggi al quotidiano di destra Jerusalem Post che Israele si è detto pronto ad azioni ancora più aggressive per evitare che venga violato il blocco navale nella Striscia di Gaza. A giustificazione di tali politiche ci sarebbe la convinzione dello stato di essere attualmente in una situazione di guerra.
Sono 480 gli attivisti della Freedom Flotilla attualmente detenuti nella prigione di Ashdod, 48 stanno per essere espulsi, mentre altri 48 sono stati condotti all'aeroporto internazionale di Ben Gurion, Tel Aviv, per essere espulsi verso i loro paesi d'origine. E Gaza è ancora sotto embargo, i suoi cittadini vedono violati quotidianamente i diritti umani fondamentali dei quali la comunità internazionale occidentale si fa garante e custode. Al momento nove persone sono state uccise perchè volevano portare solidarietà e aiuti alla popolazione palestinese. Sicuramente non è possibile riportare in vita quelle persone ma si può fare pressione affinchè Israele non perpetri tali violenze come annunciato e perchè la popolazione palestinese riesca a ricevere gli aiuti necessari alla sopravvivenza in una prigione quale Gaza è da anni ormai.