Gennaio 2014

CONTESTO GENERALE

Gennaio 2014, l'anno nuovo incomincia con un mese che ha visto coloni e forze armate israeliane rinnovare gli slanci nel portare avanti l'occupazione e le sue violenze. Regolarmente i volontari di Operazione Colomba hanno documentato l'arrivo dell'esercito -chiamato per scacciare con qualche arbitrario pretesto i palestinesi al lavoro sulle proprie terre- qualche minuto dopo la comparsa dei coloni. Lo scenario si è protratto fino all'assurdo in un'occasione in particolare: mentre una famiglia di At-Tuwani stava arando in tranquillità una valle sotto l'avamposto illegale di Havat Ma'on, due giovani coloni di 8-10 anni, spuntati dal boschetto, hanno incominciato a tirare sassi ai palestinesi e ai volontari, totalmente incuranti delle due camionette dell'esercito presenti sul posto.
Altri vari episodi hanno segnato negativamente l'avanzare del mese, come quello di M. minacciato di pestaggio dai coloni di Mitzpe Yair perché stava passando sulla strada che dalla vicina città di Yatta porta a casa sua, Jinba, un villaggio situato nella zona chiamata Masafer Yatta (area pretesa da Israele come area militare). Davanti a questo villaggio, a poche centinaia di metri, sorge una base militare, e per questo per tutto il mese gli abitanti dell'insediamento si sono ritrovati ad assistere a  pesanti esercitazioni militari vicino alle loro case, alcune delle quali anche con carri armati (per maggiori informazioni visita il sito nofiringzone918.org).
L'intensificazione della pressione delle forze armate è sfociata in due forme: da una parte l'arresto di sei persone in tre giorni tra At-Tuwani e il villaggio beduino di Umm Al Kheer, dall'altra la crescente pressione su quest'ultimo. L'aspetto prettamente intimidatorio di tutto questo emerge alla luce del fatto che tutti e sei gli arrestati sono stati rilasciati il giorno stesso del fermo, per mancanza di capi di imputazione. Per quanto riguarda Umm Al Kheer, villaggio attualmente circondato per quasi tre quarti del perimetro dalla colonia di Karmel, i coloni e i soldati hanno molto raramente lasciato uscire i pastori al pascolo senza problemi, spesso impedendogli fisicamente e in maniera violenta il passaggio delle greggi.
Con la fine del mese si è anche concluso il primo quadrimestre scolastico, purtroppo la scorta militare, che accompagna i bambini dai vicini villaggi di Tuba e Maghayir Al Abeed, si è distinta per la sua negligenza. Questo ha costretto i bambini a snervanti attese o a prendere la più lunga e pericolosa strada intorno all'avamposto illegale di Havat Ma'on.

CONDIVISIONE E LAVORO

Gennaio è stato segnato da un deciso aumento del numero dei volontari che ha aiutato molto ad assorbire meglio le difficoltà provocate da un comportamento molto aggressivo delle forze armate. Tra le varie difficoltà si è fatta sentire in particolare la detenzione di due volontari per nove ore da parte dell'esercito e della polizia israeliana, vicenda risoltasi senza conseguenze sopratutto grazie alla mobilitazione di attivisti e associazioni sia palestinesi che israeliane. Questo evento ci ha fatto percepire la calorosa vicinanza di quanti vivono e operano nella zona, ed è stato sorprendente vedere quante persone si sono immediatamente interessate alla vicenda offrendoci supporto.
Con l'aumento dei volontari di Operazione Colomba ad At-Tuwani siamo anche riusciti a riprendere le visite alle famiglie della zona, operazione di vitale importanza dal momento che qua i rapporti di fiducia non si costruiscono tanto con le parole, ma con semplici quanto importanti momenti di condivisione ripetuti e continuativi nel tempo.

R-ESISTERE

Yalla shabbab!
Vivere quotidianamente sulla propria pelle l'occupazione e i suoi soprusi può arrivare ad uccidere la speranza lasciando spazio a disperazione e odio. Quando il cuore si ammala sopraffatto dalla violenza, diventa estremamente difficile riuscire ad accettare una strategia di azione che non sia violenta, al di là di quanto razionalmente possa sembrare più lungimirante.
Proprio alla fine di gennaio abbiamo avuto modo di toccare con mano l'incredibile capacità dei palestinesi di resistere a questa violenza. Alcuni membri del Comitato Popolare delle Colline a Sud di Hebron, accompagnati dai volontari di Operazione colomba, hanno partecipato ad un'azione organizzata dal coordinamento di tutti i comitati popolari di resistenza della Cisgiordania (Popular Struggle Coordination Committee). Diverse centinaia di persone si sono riunite a Ein Hijleh, vicino a Gerico, per protestare contro l'occupazione israeliana e gli ultimi accordi di pace proposti da John Kerry, il tutto in maniera molto originale: campeggiando e ripulendo il villaggio dove sorgeva un monastero ormai disabitato da molti anni.
Nonostante la gente provenisse da ambienti anche molto diversi e si conoscesse molto poco, ad eccezione dei coordinatori, il clima era molto festoso e di grande unità. Di risposta l'esercito e la polizia hanno tentato più volte di bloccare l'accesso alla zona a persone, cibo e addirittura acqua. Quando le forze armate riuscivano a bloccare una macchina che portava alimenti o persone al campo, per tutto il bosco echeggiava il grido "Yalla shabbab!" (cioè "Andiamo ragazzi!"), al risuonare del quale regolarmente un centinaio di ragazzi (la maggioranza dei partecipanti all'azione aveva tra i 14 e i 20 anni) si riversava verso la polizia a protestare o addirittura cantare fino a che il mezzo in questione non veniva rilasciato. Molti di questi ragazzi veniva dai campi profughi dove le violenze dell'esercito sono una massacrante routine (più di qualche giovane mostrava grosse cicatrici causate da proiettili israeliani), contesti nei quali tirare una pietra ad un soldato armato che si avvicina al campo viene sentito come qualcosa di normale.
Ma nonostante le ripetute provocazioni dell'esercito non si è visto un solo segno di violenza, a tutti era chiaro che quella era un'azione nonviolenta e tale doveva essere. Non sono stati lanciati sassi nemmeno nel momento in cui diversi soldati sono penetrati nella notte con i fucili spianati nel bosco dove la gente stava suonando e cantando.
Riflettendo su questo comportamento possiamo comprendere quali siano i motivi per conservare la speranza, il senso per continuare a lottare, ma in particolare le ragioni per credere che la resistenza nonviolenta sia umanamente possibile.