Febbraio 2014

CONTESTO GENERALE

Febbraio è stato un mese caldo. La prima parte del mese talmente calda, sul campo, da non trovare quasi il tempo per soffermarsi sul significato reale della parola caldo, quello climatico, e dei danni che stava provocando e provocherà se continuerà a persistere.
Nonostante la forte siccità, i campi arati e seminati appaiono, agli occhi, verdi e incutono una  sorta di tranquilla speranza.

 

Ma la speranza è esclusivamente degli occhi se l'osservano da lontano.
I primi quindici giorni del mese siamo stati travolti dal lavoro sul campo, cercando di coprire il maggior numero di zone in cui i pastori escono più spesso e per più tempo, e quelle in cui in situazioni di emergenza è richiesto un nostro intervento.
Siamo riusciti anche a partecipare a tante azioni nonviolente che il Comitato Popolare delle Colline a sud di Hebron ha organizzato nei villaggi in cui cerchiamo di mantenere una presenza.
Durante queste azioni abbiamo potuto constatare la forte cooperazione che c'è tra i coloni e le forze militari.
Ci sono stati dei momenti in cui le tensioni, durante le azioni, si sono trasformate in violenta intolleranza. Poi in violenza. La violenza con cui le pietre tagliano, fischiano e sfiorano i corpi dei palestinesi che cercano di svolgere le solite attività quotidiane. La violenza alle persone sotto lo sguardo incurante delle forze militari.
Poi i giorni passano e impercettibilmente l'occupazione sembra nascondersi.
Le emergenze sembrano quasi dimenticarci e il vivere quotidiano con le persone ci fa entrare un po' di più nelle loro vite. Spesso si affrontano, sorridendo, i paradossi di qualche azione passata o ancora delle pecore o del prezzo del pane.
In questo febbraio abbiamo letto negli occhi, prima che diventassero parole, la forte preoccupazione per la grande siccità. In questo febbraio solo alcune gocce di pioggia hanno toccato il terreno senza bagnarlo.
Le parole di un pastore del villaggio: “Se non abbiamo pioggia, il raccolto va in malora; ciò porta alla mancanza di foraggio per le pecore e farina per il pane. Siamo costretti a comprarci tutto senza avere quei soldi necessari. Saremmo costretti a vendere le pecore per sopravvivere”.
Allo stato attuale il rischio sta nel non riuscire a raccogliere nessuno dei frutti della fatica e dell'unica fonte di sussistenza su cui i palestinesi del luogo possono contare.
La mancanza di raccolto, di foraggio per le bestie, potrebbe causare un danno insormontabile.

CONDIVISIONE E LAVORO

Nel  mese di febbraio i volontari di Operazione Colomba hanno accompagnato i pastori nelle valli circostanti At-tuwani cercando di essere presenti anche nei villaggi in cui si sono create delle particolari tensioni tra palestinesi, coloni israeliani e forze militari.
Abbiamo spesso accompagnato i pastori sulle valli di Kharrouba e Meshaha, non lontane dall'avamposto di Havat Ma'on. Da qui abbiamo constatato un movimento quasi quotidiano di coloni israeliani e jeep dell'esercito, sulla strada che dall'avamposto porta sulla collina in cui era precedentemente situato l'insediamento illegale. Ogni volta i pastori palestinesi, sorpresi a pascolare sulla collina del vecchio insediamento, sono stati allontanati.
Abbiamo partecipato a molte delle azioni nonviolente organizzate dal Comitato Popolare.
Ci ha particolarmente colpito un'azione svoltasi in un villaggio, Shuweika, antestante l'avamposto di Mitzpe Eshtamoa, in cui i coloni sono molto violenti  e le forze militari, nonostante presenti nell'area, sono spesso assenti. I soldati non sono intervenuti nonostante i sassi tirati dalle fionde dei coloni israeliani e un attivista israeliano picchiato dagli stessi coloni. Scopo dell'azione nonviolenta era per i pastori quello di pascolare in pace le proprie greggi su terra palestinese.
Grazie alla collaborazione con gli altri gruppi di internazionali presenti nella zona, si è data continuità al progetto di accompagnamento a scuola ai bambini all'interno dei villaggi palestinesi che l'esercito israeliano denomina "Firingzone 918" (http://nofiringzone918.org) con la jeep dell'UNICEF.
Abbiamo inoltre fatto spesso visita alle famiglie del villaggio di At-Tuwani e a quelle dei villaggi circostanti, tutte le famiglie sono molto preoccupate per la grande siccità che ha investito le Colline a sud di Hebron quest'anno.
La presenza di volontarie di Operazione Colomba all'interno del gruppo darà continuità anche al rapporto con le donne del villaggio.

R-ESISTERE

Zeitouna (Albero d'ulivo)
E' solo mattino e il sole è già caldo e picchia sulle nostre teste.
Per arrivare nel luogo in cui gli abitanti del villaggio di Umm Dirit hanno deciso di piantare sessanta ulivi, è necessario fare una ripida salita.
Bastano pochi passi per far si che l'avamposto Avigaiyl ti osservi dall'alto.
Arrivando abbastanza in alto si riescono a vedere  le terre e i lavoratori che cercano rapidamente di portare a termine il lavoro di aratura dei campi. L'avamposto intanto osserva.
Poi si sono alzati ancora più in alto, verso la bocca dell'avamposto e hanno iniziato a smuovere la terra . Le zappe in movimento dall'alto verso il basso; dal basso verso l'alto.
Il sole continua a battere sempre più forte sulle nostre teste e sulle pietre. Pietre spezzate da arcaiche lame trainate da nitriti d'asino e sudore.
Le donne, come formiche colorate, corrono da una parte all'altra nascondendo le piante d'ulivo nelle tasche e in equilibrio sulla testa taniche d'acqua che rigano insieme al sudore la pelle e disseteranno i nuovi rami d'ulivo.
E' solo mattina e sciama nell'aria l'equilibrata inquietudine di nitriti, sudore, e teste bruciate che osservano la nascita di sessanta nuove speranze di pace.