Luglio 2014

CONTESTO GENERALE

Per riuscire a comprendere la guerra, i fatti, le nuove dinamiche che si sono innescate e tutto il disastro che sta colpendo ancora adesso la terra di Palestina, è necessario fare qualche passo indietro fino a un fatto cruciale: il rapimento, finito con l'uccisione, di 3 giovani israeliani. Dal ritrovamento dei loro corpi sino ad oggi, il governo israeliano ha adottato una serie di misure repressive e operazioni militari volte a punire collettivamente la popolazione palestinese.
Con l'obiettivo dichiarato di distruggere Hamas, ritenuto responsabile dell'uccisione dei 3 giovani israeliani (accusa che tra l'altro sembrerebbe infondata), l'azione israeliana si è mossa in due direzioni: il bombardamento a tappeto di Gaza, e la repressione nel sangue in Cisgiordania, da parte di polizia ed esercito, di ogni tentativo di protesta contro la guerra.
Sin dal primo momento e sin dal primo sangue versato dopo l'uccisione dei 3 israeliani, si presagiva una attacco o una qualche vendetta nei confronti di Gaza e di Hamas, previsione che si è avverata qualche giorno dopo, quando Israele ha dato inizio all'operazione "Protective Edge".
L'operazione, che ha portato la morte soprattutto di civili (come si può ben immaginare, visto che Gaza è una delle aree più densamente popolate del pianeta) è stato un atto che, sommato all'embargo che Israele mantiene sulla striscia, evidenzia la politica criminale e disumana del governo israeliano nei confronti dei gazawi. Allo stesso tempo l'IDF ha eseguito più di 2000 arresti in West Bank, colpendo e cercando di stroncare ogni forma di protesta contro il massacro.
La comunità internazionale, non unita nel prendere una posizione netta di fronte a questo massacro, sta muovendo solo ora i primi passi per un'indagine sui crimini di guerra.
La sensazione dei Palestinesi è di essere lasciati soli nelle mani di un aggressore che può fare impunemente ciò che vuole, senza il timore di essere giudicato o condannato da nessuno. Allo stesso tempo reclamano il loro diritto a resistere e la libertà di scegliere le proprie forme di resistenza, richiamando il diritto umano fondamentale di difendersi contro l'occupante/oppressore.
Una cosa sicuramente da sottolineare è che la mostruosa capacità di fuoco di Israele è riuscita a mietere soprattutto vittime civili, bombardando anche scuole dell'UNRWA, ospedali, persone che passeggiavano per strada senza reale connessione coi gruppi armati, bambini in spiaggia (commettendo, quindi, crimini di guerra, così come è previsto dal diritto internazionale).
Se a questo si aggiunge il fatto che in Cisgiordania gli insediamenti illegali e le colonie si stanno espandendo di giorno in giorno, si potrebbe giungere alla conclusione che l'attuale Governo israeliano, nonostante la sua posizione di forza (militare, economica ecc.) sia incapace (o non abbia intenzione alcuna) di pensare seriamente e responsabilmente ad una qualche soluzione di pace duratura, mettendo anzi in serio pericolo ogni tentativo di dialogo.

Una buona chiave di lettura della situazione ce la da Noam Chomsky in questo articolo.

CONDIVISIONE E LAVORO

Nel mese di Luglio abbiamo deciso di digiunare e condividere così il momento del Ramadam. La decisione è stata presa individualmente, ma alla fine tutto il gruppo ha digiunato per sei giorni.
Nonostante il momento “santo” del digiuno, qui nelle colline a sud di Hebron l'occupazione ha scelto di intensificare la presenza dell'IDF e di permettere l'espansione delle colonie e degli avamposti.
Percorso obbligato per i palestinesi che vogliono dirigersi dall'area a sud della Bypass Road 317 fino alla città (e At-Tuwani ne rappresenta la porta di accesso) è la strada da Al Birkeh.
Qui abbiamo monitorato con regolarità check-point volanti e svolti con modalità intimidatoria e a sorpresa: i soldati israeliani si nascondevano spesso tra le rocce lungo la strada o nei campi sotto gli ulivi, arrivando a sparare senza ritegno a chi, vedendo da lontano movimenti strani, decideva di tornare indietro. Con la stessa regolarità le pattuglie dell'IDF hanno eseguito "patrol" a piedi intorno e dentro At-Tuwani, sopratutto durante le prime ore del giorno (ma anche di notte) mettendo in allarme la popolazione.
Sul campo abbiamo condiviso molte giornate con i pastori di Tuba: nonostante il clima di “caccia al palestinese” perpetrata dai coloni in alcune in città della Cisgiordania, con casi di omicidi, i pastori di Tuba hanno deciso tutti i giorni di portare fuori le loro greggi su quelle terre che la legge dell'occupazione ha definito municipalità di Ma'on, nella valle di Umm Zeitouna.
Per i pastori è stata una scelta forte, di significato e di rischio quotidiano, viste le continue violenze perpetrate dei coloni in primis, o per loro conto da parte dell'esercito israeliano che ne segue spesso gli ordini.
Le notti passate a At-Tuwani non sono state più tranquille, con il pensiero che corre spesso alla striscia e ai bombardamenti in corso, cercando di restare in ascolto del dolore che attraversa questa terra. "A Gaza si combatte una guerra e chi si difende è considerato terrorista, qui in West Bank si combatte per i diritti dell'essere umano e chi porta avanti azioni nonviolente è considerato terrorista" ci dicono.
Una notte tre luci tra gli ulivi della valle di Humra svegliano il villaggio dalla quiete, ci si chiede "chi sono?", “Soldati!!!”, “No sono coloni”. I bambini sbarrano gli occhi sotto le coperte, vecchi incubi ritornano.
Poi arriva una pattuglia dell'IDF ad armi spiegate, puntandole contro i vecchi e le colombe accorse, sostenendo di essere stata chiamata dai coloni di Havat Ma'on (avamposto illegale per la stessa legge di Israele), impauriti dalle voci provenienti da At-Tuwani.
Alla fine le tre luci scappano dentro l'avamposto, l'esercito se ne va. Normale routine che dei coloni fondamentalisti nazional-religiosi scendano in una valle proibita ai civili israeliani di notte, e affiancati dall'esercito, come già avevano fatto in passato (ecco il video).
Un'altra notte, un altro tremito: il villaggio si allerta, questa volta le jeep dell'esercito sono sulla Bypass Road 317 vicino all'entrata di Tuwani perché ci sono dei copertoni bruciati sulla strada.
Dall'inizio della guerra a Gaza i soldati di leva sono stati mandati sulla striscia, e al loro posto adesso ci sono i riservisti. Sono nervosi e dal grilletto facile.
Noi "ajaneb" da lontano ci avviciniamo lentamente, con le luci accese per essere ben visibili e attiriamo la loro attenzione parlandoci.
Loro ci corrono incontro, colpo in canna, adrenalina in corpo... e quando ci riconoscono, ma mica subito, ci danno degli stupidi perché... loro erano pronti a spararci.

R-ESISTERE

A VOCE ALTA

l'acqua dei pozzi sta finendo
si puliscono i campi da erbacce che non mangiano neanche le capre
semi presi sotto i cow barns, li ripianteranno poi per le bestie
i fichi e i fichi d'india offerti dopo uno sfiancante accompagnamento...un'oasi


(ieri sera, perché poi mi sono addormentato sul divano..)

sono ora a Gerusalemme...
dieci minuti fa hanno suonato le sirene per l'allerta razzi
e la città ha cominciato ad aprire i rifugi pubblici..
dopodomani torno giù al villaggio
lì mi sento a casa.
la situazione è strana, non ho...
anzi non abbiamo una percezione fisica,
empatica di quello che sta succedendo...
intendo come violenze concrete...
al villaggio abbiamo passato giorni tranquilli,
immersi nel ramadan,
nella vita notturna delle famiglie...
in noi stessi,
alla ricerca di terre inesplorate.

(oggi)

Le sirene suonano perché fa comodo
che le persone si preoccupino,
che ci sia un'altra scusa per nuovi delitti.
Tra i villaggi a sud i neighbors si fanno vedere raramente.
Le persone seguono i loro ritmi,
le loro tradizioni...
donne affaccendate a preparare
quei bei piatti che la sera colorano gli occhi...
uomini che passano dalle colline brulle alle grotte fresche,
e ragazzi che non vedono l'ora di giocare a pallone.
la sera è festa!
e anche da noi arrivano quei piatti colorati...
quando ci chiedono se siamo digiuni
rispondiamo: sahem (digiuno)
le orecchie si drizzano,
i volti assumono sguardi perplessi...
poi un sorriso o un cenno di consenso
ci rincuora.