Ottobre 2014

SITUAZIONE ATTUALE

Se volessimo adottare un vocabolo per raccontare il mese di Ottobre, il più adatto sarebbe “coinvolgimento”. La lingua inglese ne coglie due sfumature distinte. L'aggettivo “committed”, infatti non esprime solo quel coinvolgimento passivo, l'essere inglobati nel fluire di eventi, espresso dall'aggettivo “involved”. E' un coinvolgimento attivo, energico e contagioso quello che trasmettono i palestinesi delle Colline a Sud di Hebron a Ottobre. Il mese si apre con i festeggiamenti per la ricorrenza religiosa dell'Eid. Le famiglie si riuniscono, sacrificano un agnello e dividono la carne tra parenti e vicini.
Nelle Colline a Sud di Hebron, dove ogni piccolo gesto quotidiano viene ostacolato dall'opprimente legge dell'occupazione, la raccolta delle olive, iniziata a metà mese, è specchio della scelta di resistenza di questa gente. Per giorni, interi nuclei familiari hanno popolato le valli e le colline noncuranti delle provocazioni e intimidazioni dei coloni e delle forze armate israeliane.
A fine mese, mentre Tel Aviv annuncia che altre mille case per coloni saranno costruite in due insediamenti di Gerusalemme, Har Homa e Ramat Shlomo, le ruspe dell'esercito israeliano radono al suolo prima sette strutture nel villaggio di Um Al Kher, poi quattro strutture nel villaggio di Um ad Daraj. La risposta dei palestinesi è indice di quel coinvolgimento attivo ben espresso dall'aggettivo inglese “committed”. Alla violenza strategicamente pianificata, quale la privazione di un tetto proprio al sopraggiungere delle temperature più rigide, si contrappone la determinazione nel tornare subito a ricostruire sulle macerie.

CONDIVISIONE E LAVORO

Nel mese di Ottobre i volontari hanno accompagnato le famiglie  nella raccolta delle olive. La presenza degli internazionali è stata utile per documentare le minacce e le provocazioni dei coloni, i quali sono entrati diverse volte sulle terre palestinesi spaventando le famiglie. A volte è stata la presenza delle forze armate israeliane a ostacolare la raccolta. In tutti i casi la presenza di volontari internazionali e operatori dell'organizzazione israelo - palestinese B'tselem è stata rilevante per consentire alle famiglie di completare il lavoro. L'importanza dell'accompagnare i palestinesi nella raccolta delle olive è strettamente connessa al significato che viene attribuito dalle stesse famiglie a tale azione. Il legame di questa gente con la propria terra, la cura della terra come strumento di resistenza sono valori essenziali per la rivendicazione quotidiana del proprio diritto ad esistere e a condurre una vita normale, contro la logica dell'occupazione. Poggia su queste premesse l'azione nonviolenta organizzata dal Comitato Popolare il 19 Ottobre. Un gruppo formato da venti studenti universitari provenienti da Yatta, guidati da alcuni membri del Comitato Popolare, hanno raccolto le olive e piantato nuovi alberi d'ulivo nel villaggio di At-Tuwani.
Un momento di forte coesione per  gli abitanti delle Colline a Sud di Hebron è stato il workshop organizzato dal Comitato Popolare sul tema “Realtà e futuro della resistenza nonviolenta nelle Colline a Sud di Hebron”. Questo evento ha permesso ai palestinesi dell'area di riunirsi, confrontarsi e raccontare la scelta adottata contro l'occupazione. L'intervento di un volontario di Operazione Colomba ha costruito un ponte nella storia della resistenza nonviolenta delle Colline a Sud di Hebron, dalle origini fino agli ultimi traguardi, come la scuola materna inaugurata a Tuwani nel mese di Settembre.
In questo mese i volontari hanno accompagnato nelle loro attività quotidiane i pastori di diversi villaggi. In più occasioni sono stati testimoni di violenza e intimidazioni da parte dei coloni. Nonostante ciò i pastori sono stati tenaci, decidendo di ripopolare quelle valli che, a causa delle costanti minacce, tendono ad essere abbandonate dai palestinesi. In questa logica rientra anche  l'azione promossa dal Comitato Popolare a Umm al Arayes il 18 Ottobre, terminata con l'arresto di due palestinesi e quattro attivisti israeliani.
Gli episodi che forse hanno visto il maggior coinvolgimento da parte dei palestinesi e dei volontari internazionali sono quelli legati alle demolizioni in Um Al Kher e Um ad Daraj.
Il 27 Ottobre le forze armate israeliane hanno fatto irruzione nel villaggio beduino di Um al Kher, hanno allontanato tutti gli internazionali dal villaggio e hanno demolito sei strutture. Tra queste un caravan donato dalle Nazioni Unite e un forno tradizionale il quale non era soggetto a ordine di demolizione. In questa occasione un volontario italiano e un attivista israeliano sono stati arrestati. La risposta del Comitato Popolare non si è fatta attendere. Il giorno seguente i palestinesi, accompagnati dai volontari internazionali, hanno ricostruito il forno tradizionale sotto gli occhi delle forze armate israeliane che pattugliavano l'area. I volontari hanno documentato e aiutato i palestinesi nella ricostruzione. Il giorno seguente, tuttavia, un convoglio di demolizione ha abbattuto quattro strutture nel vicino villaggio beduino di Um ad Daraj e, tornando a Um Al Kher, ha demolito nuovamente il forno tradizionale. In questa occasione l'esercito israeliano, che aveva precedentemente bloccato l'accesso al villaggio ai volontari internazionali, ha dato sfogo a violenze  
spintonando le donne e buttando a terra un ragazzo mentre questi tentavano di interporsi pacificamente alla demolizione. Ma la tenacia degli abitanti di Um al Kher è stata proverbiale. Appena i militari israeliani hanno lasciato il villaggio il forno tradizionale è stato ricostruito.

R-ESISTERE

"Volete il pane?" - "Venite a prendere il pane"- gridava l'anziana donna ai poliziotti appostati poco lontani dal villaggio. "Venite, venite!"- gridava sventolando il pane.
Come l'araba fenice il forno tradizionale era risorto dalle sue ceneri. Era risorto per la seconda volta in tre giorni e ora diventava il simbolo di quella resistenza. Quel forno, demolito chissà quante volte nella storia del villaggio di Um al Kher, difeso da uomini e donne dalla violenza programmata dell'occupazione. "Guarda questo militare" - mi dice ora Tariq puntando il dito sullo schermo - "Questo della border police e anche quest'altro. Sono arabi-israeliani, lo sai?". Nel video le immagini registrate quella mattina durante la demolizione mostrano i militari che strattonano le donne, gridano e le trascinano via mentre loro tentano di difendere il forno. Siamo seduti all'ombra di una tenda, nel silenzio del primo pomeriggio si sente una canzone. Proviene dalla colonia. Da una casa che non dista più di dieci metri. Al di là della rete col filo spinato. E' perfino piacevole in questa quiete, ma stride con le immagini che passano sullo schermo. Stride con quanto è accaduto questa mattina. In alcuni momenti la vita dei palestinesi ha del paradossale, oserei dire tragicomico. Come quella volta in cui un uomo scherzando mi ha detto "Se non ci fosse l'occupazione non avremmo niente da fare". Mi stava mostrando il forno che lui e altri uomini avevano ricostruito per la seconda volta. L'araba fenice che avevano fatto risorgere.