Luglio 2015

SITUAZIONE ATTUALE

31 luglio 2015. Questo mese si chiude con un evento tragico nella Cisgiordania occupata: Ali Saad Dawabsha, un piccolo palestinese di appena 18 mesi, muore bruciato vivo nell'incendio della propria casa provocato da coloni israeliani. Accade nel villaggio di Duma, vicino a Nablus. I genitori e il fratellino di 4 anni rimangono in gravi condizioni. L'accaduto è solo l'ultimo di una escalation di eventi che vede protagonisti i coloni israeliani, la violenza di cui son portatori e la piena impunità che viene loro garantita dal governo israeliano e dalle forze di occupazione: polizia ed esercito.

30 luglio: un ebreo ultraortodosso ferisce 6 persone al Gay Pride di Gerusalemme, era appena uscito dal carcere per un attacco analogo nel 2005. Una ragazza sedicenne muore pochi giorni dopo per le ferite riportate
29 luglio
: la Suprema corte israeliana decide per la demolizione di due case di coloni costruite illegalmente su terra palestinese nella colonia di Beit El. Scontri tra nazionalisti israeliani e polizia. Netanyahu approva la costruzione di altre 300 case nella stessa colonia.
27 luglio
: un diciottenne palestinese rimane ucciso nell'ennesimo raid notturno dell'esercito israeliano all'interno del campo profughi di Qalandiya – Ramallah.
26 luglio: blitz delle forze antisommossa israeliane nella spianata della moschea di Al Aqsa per permettere l'ingresso a centinaia di nazionalisti religiosi israeliani. Feriti e arresti tra i fedeli palestinesi.
Un lungo elenco di violenza, di morte e di impunità. Ci chiediamo come si possa andare avanti così. Ci chiediamo come si possa continuare a ritenere l'occupazione militare israeliana dei territori palestinesi funzionale al raggiungimento della pace, della sicurezza, della giustizia.
Non c'è coerenza, tutto stride.
Nel suo piccolo le South Hebron Hills mostrano al mondo questa incoerenza. Il villaggio di Susiya resiste alla demolizione grazie alle pressioni dell'alta politica internazionale e una mobilitazione senza precedenti di palestinesi, israeliani ed internazionali. Quando queste forze si saldano ad anni e anni di resistenza popolare nonviolenta anche lo Stato israeliano si ritrova in difficoltà. Ma non ci si ferma, oggi Susiya è ancora in piedi ma bisogna continuare a resistere. A Susiya e in tutte le South Hebron Hills, perché non sapremo dove vorrà colpire l'occupazione domani.

CONDIVISIONE E LAVORO

Il mese di luglio ha visto i volontari di Operazione Colomba impegnati nelle ordinarie attività estive.
Si accompagnano i pastori di prima mattina e nel pomeriggio, cercando di evitare le ore più calde quando il sole è cocente. Coloni e soldati sembrano essere più calmi degli anni scorsi. Forse gli obiettivi son cambiati ed espandere la colonia senza che ci sia troppa attenzione intorno è più importante che attaccare un palestinese che si è avvicinato troppo, tanto meglio se è accompagnato dagli internazionali dotati di telecamera. Non mancano comunque i tentativi di arresto dei pastori da parte dei soldati israeliani, per fortuna sventati, e i checkpoint volanti che complicano la quotidianità della vita dei palestinesi, impedendo loro i normali spostamenti tra i piccoli villaggi in cui vivono e la città di Yatta. Anche i coloni nonostante le "nuove strategie" non si fermano: anche questo mese due pastori palestinesi sono stati attaccati con pietre e bastoni e hanno dovuto recarsi in ospedale per essere curati. Ma il giorno seguente erano ancora sulle proprie terre a portare avanti la resistenza.
La condivisione della vita col villaggio è forte nel periodo di Ramadan. Anche noi cerchiamo di digiunare il più possibile, per quanto le nostre attività ce lo possano permettere, per condividere questo tempo con i palestinesi, ed è una festa ogni sera quando il digiuno finisce. Ci sentiamo ancora più legati, ci rendiamo ancor più conto delle loro fatiche e questa condivisione rafforza la lotta.
La vita si ferma quando muore un vecchio anziano del villaggio. Tre giorni in cui non c'è lavoro, si porta il sostegno alla famiglia e ci si riscopre comunità, andando oltre le ruggini che a volte possono dividere le persone, anche quando si vive tutti sotto la stessa oppressione.

R-ESISTERE - ANCHE QUESTA E' RESISTENZA...

Resistere è continuare a camminare, sempre, anche quando il contesto cambia. Resistere è imparare. Resistere è mettere in pratica.
F. porta fuori le sue pecore ogni mattina. Le sue terre ne hanno viste di tutti i colori. Hanno visto il sangue di palestinesi ed internazionali a causa degli attacchi dei coloni. Hanno visto fughe, arresti, bandiere sventolate, canti, urla, gente mascherata, bastoni, pietre, soldati, polizia, lacrimogeni, bombe sonore, manette. Una parte delle sue terre ora fa parte dell'avamposto di Havat Ma'on e sono difese da un reticolato. Una parte delle sue terre restano contese e i coloni le vogliono annettere definitivamente all'avamposto.
F. porta fuori le sue pecore ogni mattina. E va sulle sue terre, che l'occupazione lo permetta o meno lui ci va.  Deve stare attento perché rischia di essere arrestato da soldati e polizia. O rischia di essere attaccato da coloni. Noi siamo con lui ogni giorno e resistiamo con lui nelle sue terre.
E le poche volte che non ci siamo F. non si intimorisce e continua a difendere queste terre. Un sabato i coloni escono dall'avamposto e vanno verso di lui con aria minacciosa. Noi non ci siamo. Tira fuori il borsello che usa per il tabacco e fa finta che sia una macchina fotografica. Fa finta di fotografare i coloni. Loro da distante ci cascano, desistono e tornano indietro.
Quando ce lo racconta ride e noi ridiamo più di lui.
Così si fa, anche questa è resistenza.