Settembre 2015

SITUAZIONE ATTUALE

Settembre porta con sé Hadil, Diyaa e Ahmad che hanno poco meno e poco più di vent'anni e sono giovani, come si può essere giovani in una terra sotto occupazione.
Hadil è una ragazza di 18 anni vive ad Hebron e sta camminando, avvolta nel suo niqab, per attraversare il checkpoint che separa due zone della città. Diyaa e Ahamad sono due ragazzi, poco più grandi di lei, il primo si trova fuori Hebron ed è originario di Dura, il secondo passa ad un altro checkpoint, a Beit Furik, nei pressi di Nablus.

Tre ragazzi che hanno perso la vita, uno dopo l'altro, vittime della violenza delle forze militari israeliane e di un'occupazione che non placa la propria ferocia. Anzi, viene implementata varando, a livello governativo, dei provvedimenti che prevedono misure punitive sempre più pesanti nei confronti di chiunque venga percepito come un pericolo dall'esercito israeliano, autorizzato ad aprire immediatamente il fuoco. Un provvedimento che legittima un atteggiamento, di fatto, praticato già da molto tempo dalle forze militari di occupazione: un passo ulteriore su quella strada sporca dove si giustifica la violenza con la garanzia di sicurezza.
“Sicurezza”: parola in nome della quale si può tutto e il contrario di tutto, come dimostrano gli scontri avvenuti a metà mese ad al-Aqsa, la Spianata delle Moschee, luogo sacro per i musulmani. Disordini e violenze scatenati da una serie di incursioni da parte di gruppi di ebrei nazional-religiosi, spacciati dalle autorità e da parte della stampa israeliana per semplici turisti. Una visita che è stata letta da molti, palestinesi ed israeliani stessi, come una provocazione, allo scopo di creare deliberatamente una situazione di instabilità e insicurezza.
Nel presente restano gli scontri, una serie di blitz dell'esercito israeliano nei quartieri palestinesi di Gerusalemme, l'impiego di un altissimo quantitativo di forze militari e di polizia, e l'accesso bloccato alla Spianata per molti palestinesi.
La tensione resta alta in tutta la Cisgiordania, dove la marcia dell'occupazione continua con meno scalpore nei media, ma imperterrita, forte di troppe demolizioni attuate e troppo pochi permessi di costruzione approvati, come riporta il dossier dell'OCHA uscito durante il mese.
Gli occhi della gente di qui guardano poco al Palazzo di vetro, dove la bandiera palestinese ora sventola, come presenza di uno Stato che osserva ma non è riconosciuto come membro.

CONDIVISIONE, LAVORO E NOVITA' SUI VOLONTARI

L'estate non è ancora finita, soprattutto per la pastorizia: i pastori continuano ad uscire piuttosto presto per sfruttare le ore più fresche della giornata e non si azzardano ancora a stare fuori per tempi lunghi. Noi stiamo con loro, li accompagniamo, teniamo lo sguardo vigile, scambiamo una chiacchiera, strappiamo un sorriso, anche se sempre più spesso sono i palestinesi che ce lo disegnano sul volto, a forza di semplicità e coraggio.
Insieme alla pastorizia, la quotidianità di Settembre è scandita dallo School Patrol mattutino e pomeridiano. Molti sono i modi per esporre i bambini al pericolo, e i ritardi collezionati dalla scorta durante il mese ne sono un esempio. L'inizio dell'anno scolastico ha visto una serie di attività, rivolte a madri e figlie, svolte all'interno della scuola e organizzate dal Comitato Popolare, nell'ottica di una sempre maggiore coesione all'interno del tessuto sociale di At-Tuwani sulla strada della nonviolenza.
I coloni e i soldati non sono spariti dall'area intorno ad At-Tuwani, come dimostrano il training che l'esercito era intenzionato a svolgere su una terra di proprietà palestinese, il raid nel villaggio di Tuba durante il giorno dell'Eid (festa di Abramo), oppure l'irruzione – mascherata da visita di interesse archeologico – di circa duecento coloni israeliani nel villaggio di Al-Birkeh, occasione in cui un bambino palestinese di 10 anni è stato detenuto.
In questi momenti sempre molto difficili, i palestinesi hanno risposto con la fermezza di cui sono capaci, senza lasciarsi intimorire e con accanto i volontari di Operazione Colomba a sostenerli con tutta la forza, l'attenzione e il cuore possibili.

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Per poter proseguire la nostra presenza nelle Colline a Sud di Hebron, a supporto della resistenza popolare nonviolenta palestinese, ora più che mai abbiamo bisogno del tuo sostegno!
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