Dicembre 2015

SITUAZIONE ATTUALE

Un altro anno di occupazione è passato in Palestina e i dati parlano chiaro: secondo l'ONU nel 2015 sono morti in scontri e attacchi 170 palestinesi e 27 israeliani, e sono state demolite 358 abitazioni palestinesi, 19 delle quali a scopo punitivo. La maggioranza delle morti di quest'anno sono state dopo il primo ottobre, data di inizio della cosiddetta "Intifada dei coltelli" o "Intifada di Gerusalemme".

Infatti negli ultimi tre mesi quasi quotidianamente ci sono stati attacchi, soprattutto da parte di giovani palestinesi, all'interno dei Territori Occupati.
Nella maggior parte dei casi le circostanze non sono chiare, e la paura aiuta ad aumentare la tensione: ogni movimento sospetto può essere sufficiente per essere freddati sul momento e diventare così “shahid”, “martiri” per tutti i Palestinesi. Il risultato è che ci sono morti e feriti ogni giorno, in tutta la Palestina.
Continuano anche le punizioni collettive del governo Israeliano nei territori occupati: alcune città e villaggi palestinesi sono isolati a causa della chiusura delle strade e le case delle famiglie degli “shahid” vengono demolite. Questa politica non può far altro che aumentare la frustrazione e la disperazione dei palestinesi e alimentare la spirale di violenza degli ultimi mesi.

CONDIVISIONE, LAVORO e NOVITA' SUI VOLONTARI

 

A causa della stagione invernale e del clima di tensione che si respira nella zona, in questo mese le attività sono rallentate, aspettando la pioggia e la primavera da un lato, e per paura della violenza dei coloni e dei soldati israeliani dall'altro. Nonostante questo la vita quotidiana degli abitanti delle colline a sud di Hebron è continuata silenziosamente ma inesorabilmente: all'inizio del mese è stata terminata l'aratura delle valli vicino ai villaggi di At-Tuwani e Tuba, senza particolari problemi, in zone dove fino a poco tempo fa il rischio di essere cacciati e arrestati era molto alto. I bambini di Tuba e Maghair Al Abeed hanno sostenuto gli esami di metà anno a scuola cambiando di molto i loro orari di andata e ritorno, ma sono sempre riusciti a essere scortati dai soldati, anche se a volte con tempi di attesa molto lunghi.
In questa stagione i movimenti dalla città ai villaggi della zona sono molto intensi per prepararsi all'inverno: i volontari di Operazione Colomba hanno accompagnato tutti i giorni gli abitanti di Maghair Al Abeed e Tuba per la strada che passa vicino all'avamposto illegale di Havat Ma'on e che da soli non potrebbero percorrere per paura di attacchi dai coloni. Nonostante la presenza internazionale si è comunque verificato un episodio molto grave durante uno di questi accompagnamenti: un colono ha sparato un colpo di pistola dalla sua macchina per intimidire un ragazzo palestinese che in sella del suo asino stava cercando di tornare a casa.
Ci sono stati alcuni tentativi di arresto di pastori palestinesi da parte dei soldati israeliani, ma grazie a fughe tempestive o a avvertimenti dei volontari di Operazione Colomba si è evitato il peggio. Nonostante questo si nota che i soldati si stanno comportando in modo anomalo ultimamente a causa della tensione e della paura, e a volte mettono in atto misure eccezionali di sicurezza, anche nei confronti degli internazionali: i volontari di Operazione Colomba sono stati più volte perquisiti.
Anche sul versante delle demolizioni l'occupazione non si è fermata in questo mese: un ordine di demolizione è stato consegnato per una casa nel villaggio di Mufaqara e numerosi materiali da costruzione e strumenti sono stati confiscati nei villaggi di Tabban e Al Majaz, nella cosiddetta "Firing Zone 918".
In questo mese i volontari di Operazione Colomba sono andati anche fuori del villaggio per cercare di capire meglio il clima generale di questo particolare periodo, accompagnando attivisti di un'Associazione israeliana nella visita alle famiglie degli “shahid” uccisi in questi mesi, per comprendere anche il loro dolore e le loro storie.
Famiglie che hanno indetto una manifestazione (a cui hanno partecipato i volontari) ad Hebron per chiedere di poter riavere indietro i corpi dei loro familiari.
Queste attività ci hanno permesso di leggere meglio il periodo che stiamo vivendo, e inserire la resistenza popolare nonviolenta delle colline a Sud di Hebron all'interno di un contesto più ampio.