Settembre 2016

SITUAZIONE ATTUALE

Nel mese di settembre l’occupazione militare e civile israeliana nelle colline a sud di Hebron ha mostrato tutto il suo potenziale, con un ampio ventaglio di abusi e violazioni dei diritti fondamentali di ogni essere umano.
I militari israeliani hanno compiuto ad At Tuwani 3 raid in una sola settimana, in cui sono entrati a volto coperto nelle case palestinesi, di giorno come di notte, spaventando donne e bambini e interrogando gli uomini, senza una chiara ragione, se non paventando la presenza di ladri o materiale rubato nell’area. Gli abusi dei militari israeliani all’interno dei villaggi palestinesi vanno a braccetto con l’interpretazione molto ampia e personale del concetto di “sicurezza” delle colonie israeliane. Il tutto si concretizza in una sistematica e quotidiana aggressione dei legittimi proprietari palestinesi ogni volta questi cerchino di accedere alle proprie terre che però sono obiettivo di espansione degli insediamenti. Il coinvolgimento di avvocati e dell’amministrazione civile israeliana non sempre è bastato questo mese a scongiurare le minacce di arresto e la seguente detenzione temporanea di palestinesi e volontari di Operazione Colomba che si trovavano in terreni riconosciuti come palestinesi anche dallo stesso diritto israeliano.
Diritto israeliano, diritto di guerra e di occupazione, considerato per buona parte illegale dalla comunità internazionale e comunque ignorato dalle stesse forze di occupazione che nulla hanno fatto a settembre per bloccare l’espansione dell’avamposto illegale di Havat Ma’on e per arginare gli attacchi dei coloni agli abitanti del villaggio palestinese di Tuba ogni qualvolta cercavano di raggiungere la città di Yatta passando a fianco dell’avamposto.
E se i bambini che vanno a scuola hanno una limitata protezione da questa violenza (i soldati israeliani che li scortano dal 2004), i ragazzi che vanno all’università sono stati costretti in due episodi a ripararsi con i libri (libri di diritto) dalle pietre scagliate dai fondamentalisti nazional-religiosi.
La strada della nonviolenza è lunga ma i segnali che qualcosa di speciale sia in corso ci sono. Si fa quasi fatica a credere che non ci sia stata nessuna reazione violenta quando i coloni di Havat Ma’on sono entrati nel villaggio di At Tuwani armati di fucile nella notte del 17 settembre. E’ stato poi straordinario vedere le comunità palestinesi rispondere in maniera nonviolenta alla provocazione dei parlamentari israeliani di destra e ultra destra che, accompagnati da membri del movimento di coloni Regavim, sono entrati nel villaggio palestinese di Suseya per ricordare agli abitanti, cantando Evenu shalom, che da li prima o poi se ne dovranno andare tutti.

CONDIVISIONE, LAVORO E NOVITA' SUI VOLONTARI

Il mese di settembre ha visto una graduale diminuzione dei volontari di Operazione Colomba sul campo, fino alla temporanea chiusura della presenza nell’ultima settimana del mese (fino a metà ottobre).
Questo evento, normalmente inteso come negativo, è stato invece l’occasione per riattivare nuove forze e sinergie all’interno della joint struggle che è la resistenza popolare nonviolenta. Il passo indietro della presenza internazionale ad At Tuwani sta aprendo nuovi spazi di consapevolezza ed espressione per gli shabab, i giovani, delle colline a sud di Hebron. C’è stato un vero e proprio passaggio di consegne tra i volontari di Operazione Colomba e i giovani palestinesi che durante la nostra assenza cercheranno di portare avanti, telecamera alla mano, il lavoro di protezione e monitoraggio delle violazioni dei diritti umani.
La nostra dipartita ha visto anche un forte slancio degli attivisti israeliani nel completare il lavoro dei palestinesi stessi nel coordinamento con i gruppi internazionali e con gli avvocati e organizzazioni che supportano l’aspetto legale la resistenza popolare. Tutto questo ci ha ricordato
che nessuno è indispensabile ma tutti dobbiamo fare il nostro pezzo in questa lotta per la dignità e la giustizia, senza eccessivi protagonismi e ricordandoci che la vita va oltre a ciò che siamo capaci di immaginare.