Novembre 2017

SITUAZIONE ATTUALE

Novembre. L’inverno, e il freddo, arriva anche ad At-Tuwani, alle porte del deserto del Negev. Tempo di semina, che ha visto molte famiglie recarsi a coltivare la propria terra nelle valli vicine al villaggio, e molto vicine anche all’avamposto israeliano di Havat Ma’On.
Storicamente, tempo di demolizioni. In questo periodo se ne registra abitualmente un incremento, il più alto di tutto l’anno; un fenomeno che coincide non per casualità con l’arrivo dei primi freddi, quando la popolazione sfollata e/o che vuole ricostruire, si trova maggiormente in difficoltà dovendo affrontare intemperie e clima rigido.
Numerose le notizie questo mese di ordini di stop-working e di demolizione consegnati nel Massafer Yatta, anche chiamata Firing Zone 918 (sette solo nel villaggio di Khallet Athaba) ma non solo.

La questione di Susiya, un villaggio palestinese su cui pende da anni una minaccia di demolizione imminente, giunge a un verdetto il 22 novembre quando il Governo israeliano ha annunciato che in 15 giorni prevedono di demolire 20 edifici, un quinto del villaggio. Questo violerebbe i diritti umani fondamentali di circa un centinaio di palestinesi, metà dei quali minorenni.
I palestinesi residenti a Susiya hanno lanciato una campagna per salvare il loro villaggio dai bulldozer israeliani, a cui è possibile aderire firmando la lettera a questo link: http://bit.ly/Letters4Susiya
Proprio alla fine di questo mese, dal nord, dagli stessi territori dove i volontari si son recati per una decina di giorni durante la raccolta delle olive, arriva una notizia molto amara. Nel distretto di Nablus, giovedì 30 novembre un palestinese, Mahmoud Oudeh, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco da coloni israeliani mentre lavorava la propria terra vicino al villaggio di Qasra.

CONDIVISIONE, LAVORO E NOVITA' SUI VOLONTARI

Novembre ha visto l’equipe di Operazione Colomba ad At-Tuwani aumentare con l’arrivo di un altro volontario, portando il numero complessivo a 6.

I volontari hanno potuto riscontrare personalmente l'intensificarsi dell'attività di stop working e demolizione da parte delle autorità israeliane nei confronti dei palestinesi, anche quando si sono recati in visita alle famiglie del vicino villaggio di Khallet Athaba: qui il mese scorso sono stati consegnati ben sette ordini di stop working e uno di demolizione.
Il gruppo ha inoltre effettuato un giro della Firing Zone 918, visitando molti dei villaggi che si trovano entro i suoi confini e su cui da tempo pende una minaccia di demolizione. Lo scopo del viaggio è stato soprattutto quello di documentare le chiusure che l’esercito israeliano ha eseguito a più riprese durante questo mese su ogni singolo accesso alla Firing Zone. Questo per le popolazioni dei villaggi coinvolti ha significato non avere la possibilità di muoversi sulle proprie strade, di spostarsi all’interno dell’area, di entrarne o di uscirne.
Il 22 novembre giunge infine una notizia da uno di questi villaggi, Halawe: l’Amministrazione Civile israeliana ha demolito una tenda di una famiglia palestinese.
Novembre è stato anche un mese che ha visto molto impegnati i contadini palestinesi nella semina, e con loro i volontari ad accompagnarli, specialmente negli appezzamenti più vicini alle colonie e agli avamposti israeliani.
Tanto è emozionante vedere gli aratri palestinesi rivoltare la terra che appartiene loro, a testa alta di fronte a un’occupazione che vuole impedirglielo, tanto è spiacevole quando poi quest’attività viene disturbata; è successo il 24 novembre nella valle di Meshaha vicino ad At-Tuwani, per esempio, quando dei coloni a volto coperto hanno attaccato con l’uso di pietre e di aggressioni ravvicinate i palestinesi che aravano, costringendoli ad abbandonare il loro lavoro.
Durante tutto il mese il gruppo ha seguito gli sviluppi delle vicende di Susiya e l’esito della decisione della High Court israeliana, partecipando alla marcia dei bambini che si è tenuta per protesta contro le decisioni del Governo Israeliano e ad incontri tra varie associazioni che supportano la causa per rispondere attivamente alle minacce di demolizione.