Luglio 2018

SITUAZIONE ATTUALE

Il mese di luglio vede nuovi scontri e bombardamenti sulla Striscia di Gaza.
In seguito all’uccisione di un soldato israeliano sul confine, lo Stato di Israele ha risposto con un attacco aereo di larga scala, definito come il più violento dopo la guerra del 2014 a Gaza. Questo evento arriva al culmine di una serie di tensioni sul confine tra Israele e Gaza, in cui più di centoquaranta civili palestinesi sono stati uccisi.
Anche sul fronte legislativo la situazione appare controversa. Due leggi, in particolare, la cosiddetta ‘Breaking the Silence Law’ e la ‘Nation-state Law’ hanno fatto clamore. La prima prende di mira le organizzazioni no-profit che sostengono azioni legali dall’estero su violazioni dell’esercito israeliano, impedendo loro di tenere conferenze presso scuole e università. La seconda, che decreta lo Stato di Israele come lo ‘stato-nazione’ del popolo ebraico e l’ebraico come lingua ufficiale, ha conseguenze significative sulla popolazione araba con cittadinanza israeliana, di religione in prevalenza cristiana e musulmana e di lingua araba. Questa legge, dunque, se da un lato declassa ufficialmente questi cittadini, che costituiscono più del 20 % della popolazione israeliana, dall’altro incoraggia la creazione e l’espansione di colonie all’interno dei Territori Palestinesi Occupati.

Notizie positive sembrano provenire da Khan-al-Ahmar, villaggio beduino a est di Gerusalemme il cui ordine di demolizione è stato “congelato” fino a metà Agosto. Questo provvedimento è, tuttavia, temporaneo poiché la Corte Suprema israeliana ha già legiferato sulla questione e le petizioni portate avanti dai residenti del villaggio continuano ad essere respinte. I volontari di Operazione Colomba si sono recati spesso a Khan-al-Ahmar per mostrare il proprio supporto: una forte pressione internazionale potrebbe, infatti, ostacolare la demolizione del villaggio e l’evacuazione della sua popolazione.
Il mese di luglio viene segnato anche dall’uccisione del quattordicenne Arkan Thaer Halami Mizher, in seguito ad un raid dell’esercito israeliano nel campo rifugiati di Dheisheh. Questo è solo l’ultimo episodio di una serie di uccisioni avvenute durante i raid, frequenti durante la notte all’interno di campi profughi e case palestinesi in Cisgiordania.
Il mese si conclude con la scarcerazione di Ahed Tamimi, giovane attivista di Nabi Saleh in prigione per otto mesi, divenuta icona della giovane resistenza palestinese. L’artista napoletano Jorit, dopo aver ritratto Ahed sul muro di Betlemme in occasione della sua scarcerazione, è stato arrestato dalla polizia israeliana per quasi due giorni ed espulso dal Paese. Ciò mostra una crescente pressione di Israele sulla presenza internazionale in Palestina, nonostante, tra l’altro, Betlemme faccia parte dell’area A, teoricamente sotto il controllo esclusivo dell’Autorità palestinese.

CONDIVISIONE, LAVORO E NOVITA' SUI VOLONTARI

Durante il mese di luglio, i viaggi in Jordan Valley sono diventati sempre più frequenti e hanno permesso ai volontari di interrogarsi sul futuro del progetto in Palestina. Viene condivisa da tutti, infatti, una forte motivazione nel proseguire la propria presenza in quest’area, dove la situazione appare simile a quella delle South Hebron Hills circa vent’anni fa: le famiglie sono separate tra loro, anche fisicamente, e molto vulnerabili a minacce e intimidazioni da parte delle forze israeliane.
I volontari di Operazione Colomba, insieme ai Ta’ayush, ai ragazzi di Youth of Sumud e a un leader palestinese di At-Tuwani, stanno dunque tentando di restituire in Jordan Valley il percorso di resistenza popolare nonviolenta delle South Hebron Hills. I volontari hanno notato come una presenza costante delle colombe in Jordan Valley stia creando sempre maggiore comunicazione tra loro e le famiglie. Parallelamente, alcuni volontari sono stati coinvolti in altri viaggi esplorativi nelle aree di Salfit, Betlemme e Ramallah, con l’obiettivo di individuare nuove zone dove può essere necessaria attività di protezione.

Soffermandosi, invece, sulla situazione nelle South Hebron Hills, due episodi hanno destabilizzato maggiormente la vita dei palestinesi. Il primo è sicuramente la demolizione della scuola nel villaggio di Khallet at Tahba, durante la quale l’esercito ha dichiarato zona militare chiusa senza mostrare il relativo ordine, e ha lanciato bombe sonore per allontanare la popolazione. Anche molti bambini erano presenti alla demolizione, due dei quali sono rimasti feriti.
Sono da segnalare, inoltre, alcuni ripetuti attacchi da parte dei coloni israeliani: alcuni diretti verso i pastori che, mentre pascolavano sui propri terreni, sono stati minacciati con pistole e sassi; altri nel villaggio di Susya, in cui i coloni sono entrati per due giorni consecutivi all’interno di una casa palestinese, tampinando i proprietari con derisioni e minacce e rifiutandosi di uscire. In seguito a questi avvenimenti, i proprietari di casa hanno smontato la propria tenda e si sono trasferiti in città.  
D’altra parte, i palestinesi hanno continuato a portare avanti le proprie attività di resistenza nonviolenta, che i volontari hanno affiancato. Ad esempio, nella zona di Al-Hamra, in cui l’avamposto sotto la colonia di Pene Hever continua ad espandersi su proprietà privata palestinese, vi sono state numerose azioni, come la piantagione di alberi d’ulivo e l’aratura del terreno.
L’esercito, in chiara complicità con i coloni, è sempre intervenuto, dichiarando zona militare chiusa, intimando i presenti a lasciare l’area e, in alcuni casi, procedendo con arresti.
I volontari hanno anche affiancato le ragazze e i ragazzi di Youth of Sumud nella piantagione di ulivi a Sarura, nei lavori all’interno della seconda grotta e in un training sulla resistenza nonviolenta. Queste ultime esperienze sono state condivise anche con le numerose delegazioni che hanno fatto visita ad At-Tuwani e che, in alcuni casi, hanno passato la notte in grotta. I volontari hanno così potuto portare all’esterno il proprio impegno come colombe, attraverso la condivisione della vita con i palestinesi e l’azione partecipata alla nonviolenza.