Luglio 2020

SITUAZIONE ATTUALE

Luglio caldo in Israele. Per tutto il mese migliaia di manifestanti sono scesi in piazza contro il primo Ministro Benjamin Netanyahu.
Gli israeliani protestano contro la cattiva gestione dell’epidemia Covid-19 da parte del governo e il suo tragico impatto sull’economia del Paese. La seconda ondata di casi ha visto il suo picco il 22 luglio con 2032 infetti in sole 24 ore. L’economia che non era ancora decollata dall’inizio della pandemia è ancora più colpita e il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 21%.
Nelle ultime settimane l’emergenza Coronavirus non era stata tra le priorità del governo, alle prese con il processo per frode e corruzione di Netanyahu che si celebrerà a partire dal prossimo gennaio, l’annunciata annessione di parti della Cisgiordania, ora rinviata a data da destinarsi, e le tensioni innescate con l’omicidio di Eyad Hallaq da parte della polizia israeliana lo scorso maggio.
Per quanto etichettati dal governo come “anarchici” o “di sinistra”, il gruppo dei manifestanti è molto variopinto.

Vi è una crescente presenza di attivisti contro l’occupazione, ma il focus è la figura del Premier. Con lo slogan “Bibi out”, i dimostranti si uniscono nel messaggio di indignazione per la corruzione nel governo, per le tendenze antidemocratiche e per lo stato dell’economia.
Dopo lungo tempo, l’ondata di manifestazioni vede sempre più una consistente presenza delle giovani generazioni, frustrate per la situazione politica ed economica.
A dispetto delle problematiche interne, la macchina dell’occupazione nei territori occupati non ha rallentato. In Cisgiordania circa un centinaio di palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane in vari scontri avvenuti durante il mese.
Le operazioni di arresto hanno colpito particolarmente l’attivismo palestinese. Il 26 giugno l’esercito israeliano ha arrestato Ghassan Zeidan al-Najjar, attivista di Burin, attualmente ancora sotto detenzione.
Il 29 luglio soldati israeliani hanno fatto irruzione nella comunità beduina di Al-Hadidya. Qui hanno proceduto all’arresto di Abu Saqr, leader di spicco della lotta popolare nella Valle del Giordano, e del figlio. I due sono stati accusati di “rubare acqua” della compagnia idrica nazionale israeliana Mekorot. Quella stessa acqua che la compagnia ottiene sfruttando le risorse idriche in terra palestinese e che fornisce agli insediamenti israeliani della zona. Dopo circa venti ore di detenzione senza acqua né cibo, sono stati rilasciati.
Il 30 luglio è stato arrestato a Ramallah Mahmoud Nawajaa, coordinatore generale del comitato nazionale del BDS in Palestina.
Nonostante l’emergenza pandemica, circa trenta strutture palestinesi sono state demolite o sequestrate in area C e a Gerusalemme Est per mancanza di permessi di costruzione, sfrattando 25 persone e colpendone circa un centinaio. Dall'inizio della crisi a marzo, 282 strutture palestinesi di ogni tipo sono state demolite o sequestrate. Il 21 luglio è avvenuto lo scandalo della demolizione di una struttura alla periferia di Hebron che avrebbe dovuto servire come centro Covid-19.

La Striscia di Gaza, per il 14° anno consecutivo, è soggetta alla politica di chiusura israeliana e alle restrizioni alla libera circolazione, con conseguenze catastrofiche per la vita della popolazione. Da maggio 2020, quando l'Autorità Palestinese ha interrotto il coordinamento della sicurezza con le autorità israeliane, a centinaia di pazienti gravemente malati è stata negata l’uscita dalla Striscia per cure mediche. La situazione umanitaria ed economica è ulteriormente aggravata dalle restrizioni imposte da marzo dall'autorità israeliane a causa della pandemia.
Per quanto riguarda il Coronavirus, nei territori occupati il numero cumulativo di infetti ha raggiunto la cifra di 13.938 il 28 luglio, con 34 morti nel mese che porta a 81 i decessi dall’inizio della pandemia. L’epicentro della crisi continua ad essere il Governatorato di Hebron (51% del totale dei casi).
La scarsità di attrezzature mediche e l'interruzione del coordinamento tra l'Autorità palestinese e Israele, in risposta al piano israeliano di annessione, hanno notevolmente ostacolato l'approvvigionamento di attrezzature mediche fondamentali per combattere il virus.
Nella Striscia di Gaza il numero totale di casi è arrivato a 76 con un solo decesso dall’inizio della pandemia.

CONDIVISIONE, LAVORO E NOVITA' SUI VOLONTARI

Nelle colline a sud di Hebron si è registrato un intensificarsi di consegne di ordini di demolizione e demolizioni. Come nel mese precedente, continua ad essere particolarmente colpito il villaggio di Birin. Qui la comunità ha ricevuto cinque ordini di demolizione il 28 luglio, ed ha subito la demolizione di una casa la settimana precedente. Il 13 luglio l'esercito israeliano ha fatto irruzione nel villaggio, minacciando di demolire alcune strutture abitative.
Tra il 21 e il 22 luglio l’Amministrazione Civile Israeliana (DCO) ha rilasciato ordini di demolizione per due case ad At-Tuwani e altrettanti nel villaggio di Umm Al Kheir.
L’8 luglio la DCO ha confiscato una tenda mobile nel villaggio palestinese di Khirbet a-Safai, per poi costringere la comunità a smantellare le restanti tende, sotto minaccia di un ulteriore confisca.
Non si placa la violenza anche nei confronti di attivisti palestinesi. Il 29 luglio un funzionario dell’amministrazione civile ha colpito un attivista nell’intento di impedirgli di documentare una demolizione che stava avvenendo presso il villaggio di Zif.
Nel contempo, i coloni israeliani dell’area continuano illegalmente ad espandersi. Nel mese di luglio i coloni di Ma’on hanno stabilito un caravan e diverse tende nella terra palestinese di Umm Zeitouna e stanno tutt’ora proseguendo i lavori. La zona è area di pascolo per i pastori palestinesi che a causa dell’espansione coloniale non possono nemmeno più avvicinarsi. Il 21 luglio un pastore è stato attaccato dai coloni, che stavano lavorando alla costruzione di una strada per connettere gli allevamenti di mucche all'insediamento di Ma’on.
Non si è placata durante il mese la violenza dei coloni ai danni di proprietà palestinesi sia nelle colline a sud di Hebron quanto nella Valle del Giordano. Il 10 luglio coloni israeliani di Nof Nesher, avamposto illegale, hanno sradicato diversi alberi di ulivi nel villaggio palestinese di Lasefer. Lo stesso giorno i coloni dell'insediamento di Susya, scortati dall’esercito, hanno condotto al pascolo le gregge nelle terre del villaggio palestinese di Susya. Il 28 luglio i pastori del Al-Ouja, nella Valle del Giordano, hanno visto morire circa una cinquantina delle loro pecore a causa di veleno spruzzato sui campi dove sono soliti pascolare, non troppo distanti dall’insediamento israeliano di Naama.