Gennaio 2021

SITUAZIONE ATTUALE

Ad inizio anno, a causa dell’aumento dei casi di Covid in Israele (circa 8 mila al giorno), il governo ha imposto un lockdown totale di due settimane, poi prorogato fino a fine mese, vietando gli spostamenti tra Palestina e Israele.
Il 24 gennaio Israele ha chiuso l’aeroporto Ben Gurion a tutti i voli, bloccando anche la possibilità per i lavoratori di rientrare nel Paese. Dal 26 gennaio sono chiuse anche le frontiere di terra con Giordania ed Egitto. Queste chiusure hanno causato alcune proteste: il 26 gennaio, nella città israeliana di Bnei Brak, gli ebrei ultraortodossi hanno manifestato violentemente contro le misure anti-Covid imposte dal governo, incendiando un autobus che stava svolgendo il proprio servizio di trasporto pubblico. Anche in Palestina il lockdown è stato prorogato per tutto il mese di gennaio, ed è stato bloccato il movimento tra i governatorati, se non per motivi di assoluta necessità.

Nel frattempo Israele ha continuato con la campagna massiccia di vaccinazioni, che ha già coperto più di un terzo della popolazione. In Palestina le prime dosi di vaccino acquistate dall’Autorità Palestinese dovrebbero arrivare entro i primi giorni di febbraio, sebbene non vi siano ancora centri adeguati per la vaccinazione della popolazione. Diversi sono stati gli attacchi da parte delle forze armate israeliane nei confronti dei civili palestinesi durante il mese di gennaio. Il 1° gennaio nel villaggio di Ar Rakeez, una soldatessa israeliana ha sparato ad Haroun Abu Haram, ventenne palestinese che stava cercando di fermare la confisca di un generatore elettrico di proprietà della sua famiglia. Il 5 gennaio un uomo è stato ucciso dalle forze armate israeliane a Betlemme, mentre si trovava vicino all’insediamento israeliano di Gush Etzion. Il 26 gennaio un ragazzo di 17 anni è stato ucciso dalle forze armate israeliane vicino all’insediamento israeliano di Ariel.
Il 9 gennaio è morto Ezra Nawi, uno dei più noti attivisti israeliani, che ha passato quasi tutta la vita a combattere per la dignità dei palestinesi sotto occupazione militare. Figura centrale dei Ta’Ayush ed esempio per molti Difensori dei Diritti Umani più giovani, era molto stimato nelle Colline a Sud di Hebron, dove ha trascorso buona parte della sua vita come attivista.

CONDIVISIONE, LAVORO E NOVITA' SUI VOLONTARI

Gennaio è stato un mese molto difficile nelle Colline a Sud di Hebron.
Il 1°, durante una confisca, una soldatessa ha sparato ad Haroun Abu Aram nel collo, lasciandolo paralizzato. In risposta all’accaduto, la popolazione delle Colline a sud di Hebron ha iniziato a manifestare ogni venerdì in suo nome.
Nella notte tra l’8 e il 9 gennaio le forze armate israeliane hanno arrestato Sami Hureini, il figlio maggiore di Hafez, leader della resistenza nonviolenta nell’area: dopo aver circondato le case della famiglia, Sami è stato arrestato e bendato in piena notte, prima di essere portato via. Solo dopo circa tre ore è stato portato alla stazione di polizia israeliana nella colonia di Kyriat Arba, con l’accusa di aver attaccato uno o più poliziotti durante le manifestazioni e di esserne l’ideatore. Dopo circa una settimana di rinvii delle udienze, Sami è stato scarcerato grazie al pagamento di una cauzione, col divieto di partecipare e organizzare manifestazioni e l’obbligo di restare ogni venerdì per circa otto ore alla stazione di polizia. La prossima udienza sarà il 1° di marzo.
La notte del 21 gennaio i coloni israeliani dell’insediamento di Susya hanno fatto irruzione nella grotta di Ismail, a Tawamiin: la famiglia palestinese è stata cacciata con violenza e minacciata se avesse fatto ritorno.
Quando alla mattina la famiglia ha chiamato l’esercito israeliano per denunciare l’attacco, le forze armate hanno dichiarato di esserne già a conoscenza e minacciato ulteriormente la famiglia di essere allontanata per sempre dall’area se avesse invocato il supporto di attivisti internazionali o locali.
Il 23 gennaio una manifestazione organizzata da israeliani e palestinesi ha avuto luogo a Tawamiin, in solidarietà alla famiglia: durante la manifestazione, i militari israeliani hanno attaccato gli attivisti con fumogeni e bombe sonore, disperdendoli in diversi gruppi. Quando la manifestazione si è spostata dinanzi all’insediamento di Susya, i coloni sono arrivati in grande numero e hanno attaccato i manifestanti in presenza dell’esercito.
Sono continuate anche le demolizioni nell’area: in particolare, sono state demolite una scuola e una moschea ad Al-Qusa, vicino a Umm al Kheir, e distrutti più di 90 alberi di ulivo a Shab el Butum e circa un centinaio a Shuweika.