Aprile 2014

SITUAZIONE ATTUALE

Questo mese vi proponiamo la traduzione di alcune parti di un articolo tratto dalla rivista Semana; si tratta di un approfondimento riguardante il tema della vittime, di coloro che involontariamente sono stati coinvolti nella guerra che da anni lacera la Colombia e che sono costretti a pagarne le conseguenze senza un aiuto dallo Stato che, solo ultimamente, riconosce il loro ruolo di vittime e cerca di creare servizi di appoggio e sostegno psicologico: clicca qui


CONDIVISIONE E LAVORO - VOLONTARI

Un saluto ed un ringraziamento particolare in questo mese va a Claudio che è  rientrato in Italia dopo aver condiviso la sua allegria e fantasia artistica e aver dato il suo prezioso aiuto nell'accompagnamento alla Comunità insieme a Silvia che aspettiamo a maggio per vivere un altro pezzo di cammino in questa terra colombiana. Benvenuto a Gabriele che sta vivendo i suoi primi giorni nella Comunità di Pace.
Il mese di Aprile ha visto i volontari impegnati in brevi accompagnamenti ai leader della Comunità di Pace, soprattutto in città o nei villaggi della La Union, Arenas Altas e Puerto Nuevo per alcune riunioni.
Nella parte introduttiva di questo report è stato dedicato lo spazio al profondo dolore che accompagna le vittime colombiane in tutti questi decenni di guerra. Un modo che la Comunità di Pace usa per liberare in parte il cuore e la mente da tanto orrore è fare memoria dei ciò che è accaduto. Il non dimenticare, il non lasciare cadere nell'oblio gli omicidi e i massacri avvenuti in questi ultimi venti anni di vita della Comunità, non rappresenta solo un modo per fare omaggio al coraggio di tanti innocenti che hanno dato la vita per la giustizia, ma un'opportunità per dare voce al dolore interiore che in queste foreste lontane non trova tanti ascoltatori attenti.
Per questo i momenti più toccanti e forti di questo mese sono stati legati alle celebrazioni del Triduo Pasquale, che è iniziato il Giovedì Santo alla La Union.
Qui i volontari insieme a Padre Javier e alla comunità, hanno ripercorso i luoghi in cui sono caduti alcuni giovani membri di comunità, per mano dei militari e paramilitari.
Il primo luogo raggiunto è stata la sommità di una collina dove, nel 1997, dopo solo tre giorni dalla fondazione della Comunità, avvenuta il 23 marzo, Josè Heliberto Guerra David di 27 anni, con problemi psichici, venne catturato e ucciso dai soldati.
Il suo corpo fu ritrovato a valle, addosso l'esercito gli aveva collocato una divisa da guerrigliero; poi il cadavere fu portato ad Apartadò dove i  genitori, non avendo il denaro sufficiente per reclamare la salma, dovettero subire l'umiliazione che il figlio venisse sepolto come NN in una fossa comune.
La piccola processione si è poi spostata nel campo di cacao della Comunità dove il 27 maggio 1992 tre giovani furano assassinati dai militari. Pedro Luis Sanchez ( 24 anni) e Florentino Ariza ( 17 anni) stavano andando a lavorare il campo, quando Florentino fu freddato con un colpo alla testa mentre Pedro insieme ad un suo amico Novaro Iguita (20 anni) giunto in quel momento sul posto, furono legati ad un albero di cacao, torturati, ed infine uccisi dai soldati della Brigada XVII.
Poco distante da dove si trovavano i ragazzi, un altro membro della Comunità, Ramon, fu catturato e torturato con l'accusa di appartenere alla guerriglia e legato ad un albero  per ore prima di essere rilasciato. E' lui a raccontare sul luogo dell'uccisione di Pedro e Novaro ciò che accade quel giorno iniziando dicendo “vi racconto qualcosa di molto doloroso che mai vorrei ricordare”, ma il suo racconto reso incerto dall'emozione, sussurra tra le foglie degli alberi di cacao la storia di vite spezzate che la Comunità non vuole dimenticare e che noi dobbiamo conoscere, perché la loro morte è legata anche alla nostra vita o per lo meno a quella di coloro che cercano la pace.
Insieme si è poi raggiunto l'ingresso del campo di cacao, dove Antonio Tuberquia ha raccontato della morte del fratello, freddato dai soldati mentre raccoglieva il cacao.
La processione, sotto il sole caldo, ha lentamente raggiunto il fiume; un luogo  meraviglioso dove, però, il 30 luglio 2001 i membri della Comunità trovarono il corpo senza vita di Alexander Guzman di 17 anni, scappato all'arrivo di una truppa di militari che stavano saccheggiando e rastrellando il villaggio, i quali però gli spararono durante la fuga ferendolo a morte. Dopo aver corso per due km, terminò su quel fiume la vita di un giovane considerato una promessa per la Comunità.
Infine il gruppo  si è riunito al centro de La Union dove l'8 luglio 2000 venti uomini incappucciati, probabilmente paramilitari con l'appoggio dell'esercito, entrarono nel villaggio e riunirono tutti gli abitanti. Alla domanda su chi fossero i leader della Comunità, la gente rispose “tutti siamo leader”; il gruppo armato scelse quindi 6 persone: Pedro Zapata, Rigoberto Guzman, Jaime Guzman, Elodino Rivera, Diofenor  Diaz e Humberto Sepulveda e li fucilò. Uno di loro, all'ordine di inginocchiarsi prima dell'esecuzione rispose: “Non mi inginocchierò mai. Se mi ucciderete, mi ucciderete in piedi!”
Così altre centinaia, migliaia di storie, di vite, di uomini morti per rivendicare il proprio diritto alla vita.
Il Venerdì Santo non è stato meno coinvolgente e forte, con un percorso di circa 16 chilometri che si è snodato dalla Comunità di San Josecito sino alla periferia di Apartadò. Da qua la processione ha ripercorso a ritroso il cammino fermandosi per 14 volte (le stazioni della Via Crucis), luoghi che in questi anni sono stati teatro di omicidi da parte dei gruppi armati legali e illegali. In ciascuna stazione commenti, canti e preghiere hanno permesso di rendere omaggio a chi, venditori, conduttori di mezzi pubblici e gente comune, ha perso la vita per il proprio impegno e la solidarietà con la gente sfollata e costretta alla fame nei villaggi e quindi puniti per portare loro aiuto e viveri. Ad ogni stazione è stata lasciata una croce. Su ogni croce dei nomi per non dimenticare tutti quei contadini membri (e non) della Comunità di Pace, che furono fatti tacere perché il loro grido di libertà e giustizia disturbava i potenti.
Un cammino per fare memoria, per rinnovare il significato della lotta, per riconoscersi costruttori di pace senza compromessi, morendo in piedi se sarà necessario. Non certo  per eroismo ma per dignità, irriducibile dignità.