Lettera a qualcuno a cui hai voluto bene

Palestina/Israele

Caro Israele,

dicono che scrivere una lettera sia uno dei modi migliori per affrontare una questione aperta. In particolare se brucia ancora.

Innanzitutto mi dispiace per come sia andata ieri pomeriggio, non era esattamente la conclusione dei rapporti che desideravo, l'avrei preferita diversa, vicino alla gente a cui in questi due anni ho voluto bene. Inclusi molti dei tuoi abitanti, profeti che gridano nel deserto, e a cui poco tu presti orecchio.

Mi hai ferito con le tue azioni, ma alcune cose, mi dispiace, non posso proprio concedertele. Non riguardano solo me.
Non posso concederti il diritto di farmi sentire sbagliato perché ho cercato di vivere coerentemente con ciò che intuisco come giusto.
Non posso concederti il lusso di nascondere dietro di me tutte le tue debolezze, perché sono debolezze dell'uomo e ognuno deve assumersi la sua quota. Quindi non dirmi che non ti ho detto la verità, anche se l'avessi fatto non l'avresti ascoltata, non l'avresti concepita.
Non avresti compreso un ricordo che parla d'amore, di amicizia, di coraggio e solidarietà tra le genti.

Provo pietà per come tratti i tuoi figli, per come li costringi ad andare in giro armati a violentare un'altra terra, è un futuro sporco che gli stai costruendo, un futuro senza uscita.

Non posso concederti il lusso di far sentire in colpa le persone che mi sono state vicino in questi anni, l'errore non è nostro, ma della tua malattia.
Non posso concederti il diritto di mascherare la mia espulsione con il mio stato di vittima, non lo sono, ci sono troppe cose da fare per perdere tempo a flagellarsi.

Rielaboriamo il lutto, questo si, non ci mettiamo certo un mantello sopra, perché sarebbe ipocrita dire che va tutto bene, che sono felice per come ti sei comportata.

Non sono felice, per niente, ma l'ultima soddisfazione non te la lascio.
Non sono io al centro, ma la signora anziana che hai trattato a male parole ieri, il contadino a cui hai distrutto la casa un mese fa, l'attivista a cui hai messo il bavaglio, il bambino a cui hai tolto la scuola, il giovane che hai incarcerato per averti negato la sua gioventù.

Un dolore così grande fa gridare le pietre.
L'ultima soddisfazione non te la lascio, quindi per quanto questo possa crearti imbarazzo: non ti odierò e spero di poterti rivedere presto, per riprendere lì da dove abbiamo lasciato.

Di cuore.
Alessandro