N. - l'uomo con un sogno

Palestina/Israele
6 ottobre 2002 – Striscia di Gaza

In questi giorni di violenza ripenso spesso ai mesi passati nella Striscia di Gaza oramai 12 anni fa. Più volte abbiamo programmato di ritornarci ma non ci siamo riusciti. Qualcuno di noi è rimasto in contatto con gli amici di un tempo che ci raccontano di notti passate in cantina e di tanta paura.

La striscia è uno dei posti, di quelli che ho frequentato in 21 anni di esperienza nei conflitti, dove era più evidente l’ingiustizia, dove l’estremismo di oggi era prevedibile e prevenibile. Dove la giustizia avrebbe dato molti più risultati delle troppe azioni militari che uccidono migliaia di civili.
C’è ancora speranza per Gaza? Spero di si! Ho fede che gli uomini e le donne che ho incontrato molti anni fa stiano ancora cercando una via per sopravvivere e conquistarsi giorno per giorno un pezzetto di speranza. Lo so, questo non basta, non calma la mia coscienza, ma parlare di chi a Gaza sopravvive credo sia necessario!
Qui di seguito la storia di un uomo molto speciale che aveva trovato una via d’uscita personale all’occupazione. Penso spesso a N. in questi giorni e mi chiedo dove sia e cosa faccia, la sua città da sogno sarà stata anch’essa bombardata?


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N. la prima volta che l'ho incontrato, mi ha fatto quasi paura. Mi ha urtato la sua insistenza nel volerci a casa sua.
La brutta esperienza di qualche settimana fa ci ha insegnato a non essere sempre così fiduciosi nell'altro. Quello che mi dava noia era il suo non spiegare il perché visitare la sua casa. Il suo inglese fatto di poche parole e senza legami grammaticali aumentava la mia insicurezza. Diceva "small house" e io temevo un aiuto che noi non possiamo dare. Temevo credesse che "gli italiani" potevano aiutarlo a ricostruire un eventuale casa spazzata via dai bulldozer israeliani. Chiediamo, per sicurezza, la compagnia di un amico palestinese per affrontare la visita. Mentalmente mi preparo a dover affrontare una situazione di bisogno alla quale non posso dare risposte. Arrivati alla casa di N. scopriamo il significato della parola "small house".
Nel giardino prospiciente la casa, infatti, c'è il modellino di una città con tanto di grattacieli, strade e alberi. ci sono delle mura che la cingono e un laghetto sul quale passano dei moderni ponti con struttura metallica. M. dice: "Questa è la città dei miei sogni". Ci ha impiegato due anni di lavoro per costruirla e non è ancora terminata. Il progetto stampato nel suo cervello prevede la costruzione di altri grattacieli e di un ponte.
In questo villaggio nel sud della Striscia di Gaza fa strano vedere questa città in miniatura. E' proprio vero che è una città immaginaria anche perché ci sono cose che qui sembrano proprio fantasia. C'è un mare artificiale che la lambisce, quello vero, a pochi chilometri da qui, è sbarrato dall'insediamento israeliano. Ci sono strade ampie e sgombre che fanno immaginare la possibilità di muoversi liberamente mentre la realtà prossima del check point israeliano di Abu Holi impedisce agli abitanti reali della striscia di muoversi liberamente.
Ci sono due grattacieli più alti degli altri ed è facile ricordare le due torri di New York.
N. si affretta a dire che nella sua città non c'è Bin Laden. Non ci sono nemmeno i soldati israeliani che sento vociare nel buio della sera attraverso un megafono, poi si sentono degli spari; anche questo non esiste nella città in miniatura. La città non è la Striscia di Gaza, la città rappresenta il fuori, l'oltre. Rappresenta il mondo oltre la Striscia, l'uscire da questa realtà dove i palestinesi sono prigionieri in casa loro, in quello che si può definire un ghetto. N. è un po' eccentrico e ha una fissa per il Giappone e la sua scrittura a ideogrammi, ma con il suo sogno tramutato in mattoncini e strade sopraelevate ci risulta molto simpatico. Quando saliamo sulla terrazza della sua casa "vera" e vediamo dall'alto la città in  miniatura, lui dice: "Da qui volo sulla mia città”.
N. mi è simpatico perché è un creativo, forse, con la sua fantasia e la sua città, sopporta meglio questa realtà opprimente. Fin da piccolo ha capito le varie accezioni del termine occupazione, a partire da quando suo padre è stato lontano da casa dodici anni. Torturato con scosse elettriche e rinchiuso in una cella molto piccola per quasi un anno e per il resto ospite di un carcere israeliano. Le sue visioni di ragazzino, durante la prima intifadah, gli hanno ispirato una serie di bassorilievi che ha modellato nel cemento.
Rappresentano la vita dei palestinesi, la loro lotta, la loro carcerazione, la loro "messa in croce", e la loro speranza di libertà. La situazione attuale, della seconda intifadah, gli ha ispirato dei disegni con tratti decisi che rappresentano soldati, carri armati e elicotteri da combattimento.
Nei suoi disegni ricorrono ancora i sogni, oltre che la realtà, ci sono ancora paesaggi lontani ed immaginari, che stanno oltre, che stanno fuori.
N. è un sognatore e il suo sogno è vedere Capri, l'Alaska e la Danimarca, sogni strani in un posto come questo dove il silenzio della notte è interrotto dal rumore dei Tank dell'occupazione.

Fabrizio