Rabbia, di quella nera e densa, che finisce per inondarti gli occhi senza scampo. Che nell'afa di un agosto vacanziero ti spinge a studiare da principio storia, geografia e geopolitica del Caucaso, a seguire compulsivamente ogni informazione e familiarizzare con i nomi di presidenti e città di cui fino all'altro ieri ignoravi l'esistenza, perché in questo momento più che mai provare a capire ti sembra un dovere.
Attorno, senza più senso, ci sono medaglie olimpiche per gli azzurri, la calda estate sulla riviera romagnola, notti di stelle cadenti e desideri.
Il pensiero corre al Kossovo, a quell’indipendenza che è stata forse la scintilla della guerra di questi giorni, il temuto effetto domino che si realizza. I proclami di Bush, Solana e Ban Ki Moon, secondo cui la questione kossovara non poteva diventare un precedente per altri casi simili, sapevano di farsa fin dall'inizio. Erano un tentativo goffo e sterile di minimizzare il significato di un evento che ha invece segnato una svolta nel diritto internazionale.