“Ti diamo il benvenuto nella nostra comunità. Abbiamo scelto di vivere in maniera nonviolenta come esempio di risposta concreta e diretta a questo contesto violento in cui viviamo, e a questo Stato che, oltre a non tutelarci, cerca d'infangare la nostra dignità. Con l'attacco che abbiamo subito il 29 dicembre, dove 5 persone armate hanno cercato di assassinarci, cercando di far passare l'accaduto per un furto, è stato toccato il fondo! Ma la nostra reazione è stata un esempio per tutti, abbiamo disarmato le persone e le abbiamo consegnate al Vescovo di Apartadò e al rappresentante delle minoranze etniche del Ministero degli Interni i quali li hanno affidati al CTI della Fiscalìa, mentre le armi le abbiamo trattenute pensando di distruggerle. Purtroppo, ancora una volta la reazione delle Istituzioni è stata deludente, le due persone catturate dopo alcune ore sono state rilasciate. La nostra lotta ora si è fatta più complicata, ma è proprio in questo momento che vogliamo mandare un messaggio importante al mondo: distruggeremo davanti alle Istituzioni il coltello, la pistola, il machete e i due cellulari con cui hanno provato ad assassinarci”.

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Sarà difficile cancellare dalla memoria ciò che si è vissuto il 31 gennaio nella Comunità di Pace.
Le armi strappate ai due attentatori alla vita di German Graciano e Roviro Lopez, membri della Comunità di Pace, lo scorso 29 dicembre 2017, non furono consegnate agli apparati giudiziari per l’obiezione etica e morale della Comunità nei confronti di una magistratura corrotta ed invischiata con i gruppi criminali.
E’ stato così che, in presenza di Carlos Negret, difensore nazionale della Defensoria del Pueblo (organo statale che tutela i diritti umani), a colpi di martello sono stati distrutti la pistola, il coltello, il macete ed i cellulari usati nell’assalto.
Distruggiamo questi oggetti portatori di morte, li distruggiamo perché non ritornino ad essere usati per fare del male.

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Si vive uno stato di attesa, di allerta costante. Attesa camuffata da quotidianità che scorre e attività che sono riprese, e proseguono, nonostante tutto, nonostante l'attacco del 29 di dicembre.
Certo si vive con un ritmo e in un modo un po' diversi alla Holandita, ma non si può fare altrimenti.
Ci si muove sempre insieme, in piccoli gruppi, accompagnando le persone più minacciate adesso anche dentro la comunità stessa o facendo giri più volte al giorno, fino a tardi, sulla strada, lungo il perimetro della comunità, per verificare che tutto scorra tranquillo e mostrare che c'è una presenza internazionale che vigila.
Si passano ore alla bottega a osservare l'andirivieni delle mule cariche di sacchi di cacao e dei loro padroni, a osservare il commercio del cacao ripreso quasi subito, ma con orari diversi, più ristretti, solo diurni “per ragioni di sicurezza” e la presenza di più persone.
Si vive uno stato di attesa, di allerta costante.

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Di giorno sorridono, o perlomeno si sforzano di sorridere, di essere quelli di sempre.
Di notte hanno gli incubi.
“Questa notte ho sognato che arrivavano i para. Mi cercavano. Saltavo un fosso e scappavo nella foresta” mi racconta sorridendo, al risveglio, durante un accompagnamento, un membro del consiglio della Comunità di Pace.
Poi qualche giorno dopo un'altra persona: “Ho fatto un incubo questa notte. Ho sognato la mia bara che galleggiava su un iceberg”.
E questo era prima.

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Una chiamata, corta ma chiara. Fin troppo.
È stato il tono di quelle cinque parole “vieni veloce alla bottega" a trasmettere inmediatamente la gravità della situazione.
Ho iniziato a correre, non prima di aver gridato alle mie compagne di seguirmi.
Un minuto, quello che ci separava da German, che si è fatto eterno.
Ero pronta, pronta a qualsiasi cosa, seppur orribile.
Da mesi infatti si erano fatte sempre più frequenti e concrete le minacce di morte nei suoi confronti.
Un piano annunciato e denunciato da tempo che questa volta, non ha funzionato.
Le armi che avrebbero dovuto togliere la vita a German, sono state sconfitte da una forza ancora più potente con la quale gli aggressori non avevano fatto i conti.

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