Chi ignaro approda e ascolta la voce
delle Sirene, mai più la sposa e i figli piccoli,
tornato a casa, festosi l’attorniano,
ma le Sirene col canto armonioso lo stregano,
sedute sul prato: pullula in giro la riva di scheletri
umani marcenti; sull’ossa le carni si disfano.
Omero, Odissea, Libro Dodicesimo
(Traduzione di Rosa Calzecchi Onesti)
A un passo dai quarant’anni, Alban è un uomo, ma a volte si chiude nella sua stanza e gli piace pensare di essere ancora un ragazzino. Alto e massiccio, saluta sempre con una stretta di mano vigorosa e un sorriso un po’ insolente, tenendo la sigaretta accesa tra le dita. Vuole far credere a tutti di saperla più lunga degli altri, di aver vissuto molte vite, non tutte dentro la legalità. Si vanta di aver vissuto all’estero, di conoscere molte culture, di saper uscire dal ruolo tradizionale dell’uomo che non si occupa delle faccende domestiche, e così prepara il caffè turco, scalzando sua madre dalla cucina. Alban vuole essere protagonista indiscusso della scena. E tutte le battute sui suoi trascorsi fanno parte del personaggio che vuole rappresentare, quando fa accomodare i volontari italiani sul divano di casa sua. Si giostra tra due telefoni alzando appena un sopracciglio – tutti lo cercano, del resto.