Il Sole 24 Ore riporta che dall’inizio dell’epidemia in Albania sono morte 34 persone.
Solo il 4 giugno in una cittadina vicino a Tirana sono morti due giovani fratelli.
Uccisi.
Ma non dal coronavirus.
Uccisi da un altro ragazzo.
Uccisi per un male micidiale che non dà scampo alla meravigliosa terra delle aquile.

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Dopo 10 anni di attività nonviolente, Operazione Colomba si appresta a chiudere la presenza in Albania.
Questa decisione, per nulla presa a cuor leggero, è frutto di attente riflessioni e constatazioni che sono state effettuate a partire dai risultati positivi raggiunti in questi anni di progetto e valutando il miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie conosciute e seguite da Operazione Colomba.
I percorsi di rielaborazione dei conflitti e dei lutti causati dal fenomeno hanno permesso a molti membri delle famiglie colpite da questa piaga sociale di superare, poco alla volta, il dolore e la rabbia per le ingiustizie e le violazioni dei Diritti Umani subite. Questi percorsi hanno aiutato le famiglie ad abbandonare l’idea di vendicare l’uccisione di un proprio parente, sostenendole nella pianificazione di un futuro costruttivo e dedicato alla vita e all’educazione dei figli, nell’ottica di prospettare loro un futuro migliore.

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Nel 1956, in Alabama, M. L. King era impegnato nella lotta contro la segregazione razziale attraverso il boicottaggio degli autobus.
A Montgomery questa azione nonviolenta veniva realizzata e sostenuta dall’istituzione di un servizio volontario di vetture per accompagnare le persone al lavoro.
Dopo circa un anno, il sindaco della città presentò una risoluzione per sollecitare l’ufficio legale del Comune ad adottare provvedimenti per fermare questo genere di attività.
A questo riguardo fu fissata un’udienza. Nonostante tutte le battaglie condotte fino a quel momento, King poteva “sentire la fredda brezza del pessimismo passare sull’uditorio: la luce della speranza era sul punto di svanire e la lampada della fede di spegnersi” - M. L. King (1973), La forza di amare, Torino: SEI (pg. 103).

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Chi ignaro approda e ascolta la voce
delle Sirene, mai più la sposa e i figli piccoli,
tornato a casa, festosi l’attorniano,
ma le Sirene col canto armonioso lo stregano,
sedute sul prato: pullula in giro la riva di scheletri
umani marcenti; sull’ossa le carni si disfano.
Omero, Odissea, Libro Dodicesimo
(Traduzione di Rosa Calzecchi Onesti)

A un passo dai quarant’anni, Alban è un uomo, ma a volte si chiude nella sua stanza e gli piace pensare di essere ancora un ragazzino. Alto e massiccio, saluta sempre con una stretta di mano vigorosa e un sorriso un po’ insolente, tenendo la sigaretta accesa tra le dita. Vuole far credere a tutti di saperla più lunga degli altri, di aver vissuto molte vite, non tutte dentro la legalità. Si vanta di aver vissuto all’estero, di conoscere molte culture, di saper uscire dal ruolo tradizionale dell’uomo che non si occupa delle faccende domestiche, e così prepara il caffè turco, scalzando sua madre dalla cucina. Alban vuole essere protagonista indiscusso della scena. E tutte le battute sui suoi trascorsi fanno parte del personaggio che vuole rappresentare, quando fa accomodare i volontari italiani sul divano di casa sua. Si giostra tra due telefoni alzando appena un sopracciglio – tutti lo cercano, del resto.

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“Madamadorè ha perso sei figlie
[...]
paga il riscatto con le borse degli occhi
piene di foto di sogni interrotti”
(Volta la carta - F. De André)

L’ultima volta che avevo incontrato Gjon e Vera risaliva ormai a qualche mese prima, ero stata a trovarli poco prima di Pasqua e li avevo visti con le loro solite espressioni tristi stampate sul volto.
Lui faceva fatica ad alzare gli occhi dal suo bicchiere di raki, che si rigirava tra le mani, con i pensieri avvolti nella sua solita nebbia di malinconia. Lei era arrabbiata con la vita, che le ha riservato bocconi amari da digerire, tra cui una figlia uccisa per una vendetta assurda che si è presa anche i suoi ricordi più belli.
Sono tornata oggi, in una giornata torrida di luglio, con il volante che bolle tra le mani e l’acqua che luccica nel lago steso ad asciugare alla sinistra della strada deserta.

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