Erano i primi anni settanta. Da circa un decennio in Cile si stava lottando per la redistribuzione della terra. La riforma agraria stava diventando realtà anche grazie alla spinta del nuovo governo di Salvador Allende. Un gruppo di mapuche, costretto a vivere in vere e proprie “riserve” dalla cosiddetta “Pacificazione della Araucania”, si stava organizzando per “recuperare” la propria terra ancestrale rubata.
L’esercito cileno dal 1861 al 1883 ha praticamente compiuto un genocidio della terra mapuche e del suo popolo, che fin dal 1600 aveva stipulato accordi di Pace con la corona spagnola, creando di fatto un regno indipendente a sud del fiume Bio Bio. Questo massacro è chiamato “Pacificazione della Araucania”.
Durante quegli anni il fermento politico in tutto il Cile era molto forte, studenti del nord scendevano al sud per mettersi al servizio dei contadini, i dibattiti e il confronto generavano speranza in un futuro più giusto dove quello che era stato tolto sarebbe stato restituito.
I mapuche sono il popolo della terra e senza terra perdono la loro forza; non la considerano una cosa da possedere o sfruttare.

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Il lonko della comunità Triftrifko di Galvarino denuncia la desertificazione della laguna presente su un terreno che hanno da poco recuperato. Questo processo sarebbe causato, secondo le comunità Mapuche, da una monocoltura di ciliegie, proprietà di una grande multinazionale adiacente al territorio della comunità. Quella che una volta si presentava come un'ampia laguna, dimora di molte specie animali e vegetali, è ora ridotta ad un piccolo e paludoso acquitrino. I mapuche della zona sono, quindi, decisi a lottare per la salvaguardia di questo luogo senza accettare compromessi, soprattutto di tipo economico.

 

A febbraio alcune comunità Mapuche hanno marciato per le vie della città di Panguipulli accanto ai parenti e agli amici di Macarena Valdes, Rubel Collio, Emilia Bau, Eloy Alarcon e Francisco Martin. Abbiamo ascoltato le loro parole piene di rabbia e sofferenza verso un sistema economico e sociale che li ha privati dei loro affetti perché impegnati a difendere il territorio Mapuche, parte della Terra di tutti, dall'estrattivismo e dalle multinazionali che devastano il pianeta per fini economici. Le vittime erano tutte impegnate in modi diversi in varie lotte contro grandi ed invadenti progetti immobiliari o estrattivisti a beneficio di pochi ricchi e a danno della maggior parte degli abitanti. Quello che colpisce di più delle parole di chi è rimasto, è la voglia di continuare a combattere per la giustizia e per la verità, affinché vengano condannati i colpevoli di questi delitti. Il grido della marcia era "Mari Chiwueu", per ognuno che cade se ne rialzeranno dieci.

La situazione del popolo Mapuche (“popolo della terra”) in Cile è molto complessa e delicata.
Come popolo originario, i Mapuche hanno diritto al riconoscimento e al rispetto della loro identità culturale, della loro lingua, delle loro tradizioni e della loro storia.
Tuttavia, quest’ultima è stata segnata (da sempre) da conflitti con lo Stato cileno e da politiche di assimilazione.
Da secoli i Mapuche, l’unico popolo originario in Cile ad essere riuscito a resistere all’invasione da parte dei colonizzatori spagnoli, sono in lotta per il recupero e la rivendicazione del territorio che gli spetta di diritto.
Il conflitto principale riguarda, in particolare, il controllo e la gestione del wallmapu (“tutto il territorio Mapuche”), ricco di risorse naturali.
Le società di estrazione di tali risorse e le multinazionali hanno spesso ignorato i diritti dei Mapuche, portando ad una serie di scontri e proteste.
Allo stesso tempo, le politiche di sviluppo economico, di modernizzazione e omogeneizzazione ad uno standard europeo e occidentale dello Stato cileno, hanno trascurato le esigenze e le richieste del popolo Mapuche, portando ad una serie di disuguaglianze sociali ed economiche.
All’interno di questa cornice troviamo nel sud del Cile, a Pargua, provincia di P.to Montt, quattro imprese (norvegesi e danesi) che producono mangime per i salmoni.

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Abbiamo presidiato il carcere per 3 giorni per un totale complessivo di 26 ore, il freddo, il mal di gambe e i dolori alla schiena che sentiamo non sono niente rispetto a quello che hanno sopportato i tre uomini detenuti.
Il 24 agosto ad Angol, la comunità Mapuche di Temucuicui Autonoma ha convocato altre comunità a presidiare il carcere.
La presenza serve per supportare ed esprimere solidarietà verso 3 prigionieri Mapuche che hanno intrapreso lo sciopero della fame e della sete all'interno dell'istituto detentivo.
La loro protesta è iniziata per ottenere condizioni detentive più dignitose e più in linea con la loro cultura, tradizione e religione come sancito dalla convenzione 169 che il Cile ha sottoscritto.
Tuttavia le autorità carceriere non sono inclini a soddisfare questo genere di richieste e, anche in questo caso, posticipano la data di trasferimento ogni giorno.
Noi partecipiamo al presidio, perché è un modo di condividere dentro questo conflitto che contrappone i Mapuche allo Stato e alle imprese.

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