Tra le visite fatte in questi giorni, siamo stati a trovare una famiglia del villaggio di Qarara che è tornata a vivere nella casa semidistrutta dai bombardamenti israeliani, perché non avevano nessun altro posto. In casa troviamo Mohammed, 9 anni, paralizzato su una sedia a rotelle. Non vede non sente e non parla. Un altro fiore di Gaza, come quelli incontrati 15 anni fa. Un altro fiore che vive solo di un po' di liquidi che passano da una cannuccia. Non c'è corrente, il tetto fatto di lamiere e fa molto caldo. Mohammed è lì e suda. Poi arriva sua sorella a salutarci, con una cicatrice sulla testa che va da orecchio a orecchio.

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Fermarsi, cliccare “pausa” e togliere il volume. Ne avremmo bisogno tutti ora, non per fuggire da questo istante così complicato, ma per essere immersi ancora di più in questa  assurdità e trovare lo spazio per essere cortocircuiti di giustizia efficace.
Invece le cose scorrono veloci, e anche oggi il sole è sorto alle spalle dell’avamposto illuminando i nostri visi ancora increduli per gli accadimenti di questi giorni.
Ho bisogno di scorrere gli istanti dolorosi e violenti, analizzarli, ma ancora più forte è la necessità di ricordare i momenti gioiosi, di vita semplice, la quotidianità che scorreva tra un’ ingiustizia e l’altra.

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E' l'alba. Ho di fronte a me un paesaggio surreale. E' la mia prima settimana in West Bank e la notte scorsa sono arrivata in macchina ad Umm al Kheir, un villaggio in costante rischio demolizione. Se ne temeva l'ennesima la mattina successiva. Ci sono passati a prendere al villaggio in macchina. Non sono particolarmente agitata, anzi mi godo il viaggio tra i villaggi e le dune in questa macchina sgangherata che potrebbe smettere di funzionare da un momento all'altro.

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Era uno dei pomeriggi che preannunciano l'inizio della stagione estiva: il caldo era abbastanza torrido e l'afa ben controbilanciata da una leggera brezza. Io e C. stavamo riprendendoci da un accompagnamento di due o tre orette con i pastori di Tuba (un villaggio palestinese situato dietro la colonia di Ma'on), infatti, se non ricordo male, eravamo “spiaggiate” in modo scomposto sui divani di casa e stavamo tessendo le lodi ai dolci mangiati la sera prima.

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