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Situazione attuale
Il 17 dicembre si è svolto il secondo referendum costituzionale per dare al popolo cileno la possibilità di confermare il processo di riforma della vecchia e tanto discussa Costituzione di Pinochet. Alle urne si è presentato l’84,87% della popolazione cilena e con il 55,76% ha vinto il “en contra”.
Il giorno seguente il presidente Boric, da Santiago, ha espresso quello che molti cileni e cilene manifestano da qualche tempo: una stanchezza di fondo per il processo costituzionale. Il Governo, dopo due tentativi di riforma costituzionale rinuncia al processo che poteva essere rivoluzionario, non solo per il Cile. Un processo costituzionale durato 3 anni, passando per due proposte, da quella del 2019, scritta da una costituente di 155 membri formata da molti elementi della società civile figlia del movimento di protesta del 2019, considerata troppo utopica per un popolo forse non ancora pronto e troppo profondamente intaccato e incollato ad un sistema socio-economico liberista. La seconda e ultima stesura, quella del 2023, redatta da una costituente di 20 esperti e 50 deputati in maggioranza legati al partito di Kast (estrema destra), fortemente conservatrice e molto distante dai diritti richiesti dai milioni di cileni scesi nelle piazze durante l’estallido social del 2019.
Oltre ad una stanchezza dell’opinione pubblica per il processo costituente il Governo deve guardare anche al grande costo economico di questo processo fallito. Il Presidente, così, ha voluto esplicitare che per il momento il processo si ferma in questo stadio, perché il Paese deve affrontare altre necessità. La destra perde la possibilità di far approvare una costituzione più conservatrice di quella attuale ma ha dimostrato di poter ancora controllare le sorti del Paese che dopo l’estallido social e l’elezione di un governo di sinistra sembrava voler prendere un’altra strada.
Un dato significativo arriva dai risultati delle urne in Araucanía, la zona dove è presente il maggior numero di comunità Mapuche e dove opera Operazione Colomba. In questa regione, insieme a Maule e Ñuble ha vinto il “a favor” nonostante nell’ultima proposta costituzionale ci fossero delle evidenze su quanto questa fosse fortemente discriminatoria verso i popoli nativi abitanti le terre dello Stato cileno. Molte comunità Mapuche si sentono sfiduciate da qualsivoglia strumento politico/elettivo. Probabilmente esiste una distanza molto significativa da questi strumenti decisionali. In altri casi, si ha a che fare con il risultato di politiche effimere da parte dello Stato cileno che per molti anni ha creato disfunzione all’interno dei sistemi autonomi di organizzazione della vita delle comunità indigene, soprattutto nel caso dei Mapuche.