Sono stata in Albania due anni e mezzo con la Colomba eppure mai ho sentito così forte il bisogno e il dovere di raccontare come da cinque giorni a questa parte, quando sono arrivata sull'isola di Lesbo.
Il dolore delle famiglie albanesi era un dolore intimo, profondo, e così sentivo che andava raccontato, piano, prendendosi il tempo di rielaborarlo, sottovoce, sussurrato alle orecchie di chi si prendeva il tempo per capirlo.
Il dolore delle persone su quest'isola, invece, urla, e così sento che va raccontato.
Va urlato affinché giunga alle orecchie di tutti.
Va raccontato in fretta, a più persone possibile, perché è un dolore che chiede giustizia.
Il dolore dei profughi di Lesbo è un dolore straziante, che racconta di Diritti violati, di infanzia negata e di vite dimenticate.
È un dolore che non necessita di grandi parole per essere compreso perché è immediato, è uno schiaffo a mano aperta sul viso.

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Avete presente i grandi magazzini di Amazon con tutti i pacchi ammassati in attesa di essere distribuiti? Il campo profughi di Mavrovouni (Moria 2.0) a Lesbo, in Grecia, è così.
E’ “il magazzino delle anime” stipate in uno spazio minuscolo nell’indifferenza di tutti. Nell’attesa di poter viaggiare, di raggiungere la loro destinazione proprio come i pacchi in attesa di essere distribuiti. Con un’unica differenza: i pacchi sono liberi di muoversi mentre le anime no, sono bloccate nel magazzino per via delle nostre scelte. E passano ammassate un tempo indefinito, che sanno quando inizia ma non sanno quando finirà…
E nel frattempo gli anni passano e le speranze muoiono. La speranza è il fondamento del nostro pensiero, è il desiderio di una vita felice che ci spinge ad esplorare nuove strade per raggiungerla.

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Οἱ μὲν ἰππήων στρότον οἰ δὲ πέσδων
οἰ δὲ νάων φαῖσ' ἐπ[ὶ] γᾶν μέλαι[ν]αν
ἔ]μμεναι κάλλιστον, ἔγω δὲ κῆν' ὄτ

τω τις ἔραται.


C'è chi dice sia un esercito di cavalieri,
c'è chi dice sia un esercito di fanti,
c'è chi dice sia una flotta di navi sulla nera terra
la cosa più bella, io invece dico
che è ciò che si ama.
 
(Saffo – Trad. A. D’Andria)

 

LA FINE DEL MIO SOGNO EUROPEO

Giorno 1 – Partenza

Non avevo mai visto Malpensa così spettrale e deserta, interi settori dell'aeroporto sono chiusi con l'ingresso sbarrato. Alla partenza siamo pochi, tutti muniti di documenti sanitari, dichiarazioni per il Governo greco, autocertificazioni per le autorità italiane, e mascherine: una trentina di greci che tornano a casa, qualche studentessa con gli occhiali alla moda, un hipster con l'aria da fotografo freelance, un paio di imprenditori, immancabilmente veneti. Aleggia ovunque profumo di igienizzante.
In volo basta un pacchettino di biscotti Papadopoulou e si è già in Grecia. Dal mio posto finestrino scorgo le isolette della Croazia illuminate dal sole, in un cielo di nuvolette pannose.

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