
Sono stata in Albania due anni e mezzo con la Colomba eppure mai ho sentito così forte il bisogno e il dovere di raccontare come da cinque giorni a questa parte, quando sono arrivata sull'isola di Lesbo.
Il dolore delle famiglie albanesi era un dolore intimo, profondo, e così sentivo che andava raccontato, piano, prendendosi il tempo di rielaborarlo, sottovoce, sussurrato alle orecchie di chi si prendeva il tempo per capirlo.
Il dolore delle persone su quest'isola, invece, urla, e così sento che va raccontato.
Va urlato affinché giunga alle orecchie di tutti.
Va raccontato in fretta, a più persone possibile, perché è un dolore che chiede giustizia.
Il dolore dei profughi di Lesbo è un dolore straziante, che racconta di Diritti violati, di infanzia negata e di vite dimenticate.
È un dolore che non necessita di grandi parole per essere compreso perché è immediato, è uno schiaffo a mano aperta sul viso.