
Siamo tutti davanti al cancello d’entrata del campo profughi di Eleonas ad Atene.
Il grande cancello si apre ed esce una donna coperta dal velo spingendo un passeggino e accanto a lei una ragazzina.
La donna si abbandona ad un pianto disperato per il dolore della morte del marito, che ieri sera ha avuto un malore senza che nessuno gli prestasse aiuto; solo 4 ore dopo dal suo infarto è arrivata l’ambulanza a constatarne la morte.
Questa donna, già schiacciata da uno Stato che non le ha riconosciuto il Diritto di asilo e protezione, ora si ritrova più sola di prima, a dover affrontare i lunghi giorni di una vita troppo difficile da vivere qui, dove da sola adesso deve crescere i suoi figli.
Questa sera siamo tutti qui, e ci sono altri gruppi che si sentono vicini ai migranti, ci sono greci, iraniani, italiani, tedeschi, tutti qui a dire che siamo uguali, e che tutti hanno il diritto al rispetto della propria dignità di essere umano.
Siamo qui e vegliamo dinanzi al campo, come una madre veglia sul sonno del suo bambino, con delicata attenzione a rispettare prima di tutto la volontà di chi vive rinchiuso nel campo della vergogna.