SITUAZIONE ATTUALE

Non cessano le manifestazioni di protesta pacifica, iniziate lo scorso 28 aprile in varie città della Colombia, che sono state segnate purtroppo anche da atti vandalici e azioni violente di gruppi armati illegali e della forza pubblica contro i manifestanti, come denunciato nel rapporto di Human Rights Watch. Nonostante i numerosi richiami alla nonviolenza e al dialogo, la ONG dichiara di aver ricevuto almeno 81 denunce credibili di persone morte durante le proteste, di cui almeno 20 sarebbero da imputare direttamente ad agenti di polizia, e richiama il governo a promuovere soluzioni e misure urgenti per tutelare i manifestanti e garantire il rispetto dei Diritti Umani.
Ancora una volta i protagonisti di queste giornate di manifestazioni sono i giovani e le giovani che su invito della Commissione della Verità si sono riuniti per condividere le loro esperienze di resistenza all’interno di uno spazio della Commissione intitolato “Una generazione per la verità e la non ripetizione: dialogo, mobilizzazione e resistenza” per raccontare la loro esperienza durante questi 2 mesi di protesta e rimarcare il diritto alla protesta pacifica e sviluppare strategie e proposte per uscire da questa terribile crisi.

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SITUAZIONE ATTUALE

La protesta, iniziata il 28 aprile scorso con una enorme mobilitazione della società civile, ha portato soprattutto giovani, migliaia, nelle strade di tante città tra le quali Bogotà, Medellin, Popayan e Cali.
Nel mese di maggio le manifestazioni sono sfociate in una serie di violenze e scontri che hanno assunto l’aspetto di una vera e propria tragedia. La popolazione aveva iniziato ad esprimere pacificamente il proprio dissenso rispetto alla proposta di riforma tributaria che, se attuata, avrebbe creato un ulteriore divario economico tra i ceti più poveri e quelli più abbienti. Le prime ripercussioni della riforma si sarebbero, infatti, abbattute sul rincaro dei beni di prima necessità in un contesto già duramente provato dalla pandemia.
Durante le tante manifestazioni pacifiche, spesso piene di arte, colori e musica, la nonviolenza aveva segnato il ritmo di chi stava esercitando il proprio legittimo diritto alla protesta sancito dalla Costituzione del Paese. Purtroppo però, sin da subito, la risposta della polizia è stata spropositata.

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SITUAZIONE ATTUALE

Non si ferma l’onda di violenza in Colombia che vede tra le sue vittime ancora molti/e leader sociali, reclamanti terra, difensori e difensore dell’ambiente e dei Diritti Umani ed ex combattenti. Lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha affermato, di fronte al Consiglio di Sicurezza commentando il report della missione di verifica della ONU in Colombia, che urge frenare la violenza contro tutte queste persone il cui numero aumenta laddove la presenza dello Stato manca: venticinque i Municipi che registrano il numero maggiore di violenze, tra cui Antioquia dove opera Operazione Colomba.
L’omicidio di Albeiro Hoyos, leader sociale e fondatore dell’Associazione di contadini nel nord di Antioquia e integrante della Marcha Patriotica, si aggiunge a questa triste lista insieme a Fernando Lozada ucciso in Cauca il giorno di Pasqua, data in cui l’arcivescovo di Popayan, Omar Albero Sanchez, aveva inviato la gente ad un’azione simbolica chiedendo che venissero esposti dai balconi e dalle finestre dei drappi bianchi e che tutta la gente si vestisse di bianco per protestare contro la violenza in un Paese dilaniato dalla contesa dei diversi gruppi armati per il narcotraffico e le estrazioni minerarie.

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SITUAZIONE ATTUALE

“La Colombia non è in pace, nemmeno nel post conflitto”. La Delegazione Asturiana di Verifica dei Diritti Umani in Colombia ha pubblicato, a fine mese, un rapporto dove rivela che la mancata implementazione dell’Accordo di Pace, unita al risorgere della violenza armata, ha intensificato le violazioni dei Diritti Umani in varie regioni del Paese. Il documento sottolinea, inoltre, la preoccupante situazione delle comunità indigene e dei leader sociali, descrivendola come “uno sterminio fisico, sistematico e impunito della dirigenza sociale”.
Secondo i dati della ONG “Indepaz”, sarebbero 22 i massacri avvenuti in questi soli primi tre mesi dell’anno, con 81 persone assassinate.
Il Paese è stato scosso dall’omicidio della leader indigena Maria Bernarda Juajibioy, avvenuto il 18 marzo nel sud del Paese (regione del Putumayo). L’attacco ha causato anche la morte della nipotina, di soli 2 anni, e il ferimento di due figlie di Maria Bernarda, che aveva precedentemente ricevuto varie minacce di morte.

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SITUAZIONE ATTUALE

La descrizione della situazione dei difensori dei Diritti Umani in Colombia, presentata a febbraio con l’uscita del report di Human Rights Watch intitolato “Líderes desprotegidos y comunidades indefensas - Asesinatos de defensores de derechos humanos en zonas remotas de Colombia”, lascia ben poco spazio a dubbi riguardo l’inefficacia delle misure del governo colombiano rispetto alla continua ondata di violenza che imperversa nel Paese. Josè Miguel Vivanco, direttore per l’America Latina di Human Rights Watch, afferma che “il governo del presidente Ivan Duque condanna frequentemente questi omicidi, però la maggioranza dei programmi governativi per prevenire questi assassinati appena funzionano o presentano gravi deficienze”.
Critiche e preoccupazioni che sono giunte anche a Ginevra attraverso la voce di Juliette de Rivero, rappresentante in Colombia per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, attraverso un rapporto presentato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Nel documento si sottolinea la mancanza di un avanzamento nella politica pubblica per lo smantellamento delle organizzazioni criminali e la mancata protezione della popolazione civile e dei suoi leader soprattutto tra la popolazione indigena, afro e contadina di Antioquia, Cauca, Chocò, ecc., dove si lamenta la mancanza della presenza integrale dello Stato.

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