Situazione attuale

Il 4 aprile è stato pubblicato il rapporto della Missione di Verifica realizzata il 2 aprile a Puerto Leguízamo, nella regione del Putumayo, con l’accompagnamento di organizzazioni nazionali e internazionali, difensori dei Diritti Umani e vari giornalisti. Questa Missione è stata convocata dal Tavolo Territoriale di Garanzie del Putumayo a seguito del massacro di 11 persone, avvenuto il 28 marzo 2022. Il Ministero della Difesa ha definito l’accaduto un’operazione militare di “successo”, le cui vittime sono state presentate come dissidenti delle FARC-EP. Secondo la Missione di Verifica si tratterebbe, invece, di una esecuzione extragiudiziale che spinge nuovamente il Paese a constatare come l’orribile pratica dei falsos positivos da parte dell’esercito stia continuando.
Anche l’Ufficio delle Nazioni Unite in Colombia, dopo una missione in loco, insiste affinché venga realizzata un’indagine esaustiva e indipendente su quanto successo. Uno dei sopravvissuti ha raccontato al quotidiano colombiano ‘El Espectador’: “non essendo stato sufficiente l’omicidio dei civili, dopo il massacro siamo stati vittime di detenzioni in altri villaggi: ci hanno tolto i nostri beni senza alcuna ragione”.
Un gruppo di vittime della Operación Génesis e alcuni rappresentanti delle comunità, colpite dal conflitto armato in varie regioni del Paese, hanno interposto una tutela alla Giurisdizione Speciale per la Pace (JEP) per impedire che Otoniel, il massimo capo del gruppo armato illegale Autodefensas Gaitanista de Colombia (AGC), sia estradato negli Stati Uniti. Il progetto di sottrazione del territorio iniziò con la Operación Génesis, un’offensiva militare, avvenuta tra il 1996 e il 1997, che perseguiva l’obiettivo di eliminare le FARC e che si è macchiata di crimini di guerra a danno dei civili. Secondo le vittime di tale offensiva, questo processo di sottrazione non si è mai arrestato, anzi, ha cambiato forma e attori: Otoniel ne sarebbe un elemento chiave.

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Situazione attuale

Il 3 marzo è stato presentato il rapporto dell’Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i Diritti Umani in Colombia relativo all’anno 2021. Secondo quanto riportato, c’è stato un aumento della violenza, in particolare nelle zone rurali e in alcuni centri urbani. La violenza ha colpito in maniera severa la leadership e la vita comunitaria indigena, contadina e afrodiscendente nonché le donne.
Nel 2021, l’Ufficio dell’Alta Commissaria ha ricevuto 202 denunce di omicidio a danno di persone che difendono i Diritti Umani e 1.116 denunce di minacce e aggressioni contro persone e organizzazioni che tutelano questi Diritti. Il 75% di questi casi è avvenuto nelle regioni di Antioquia, Chocò, Valle del Cauca e Cauca. L’Ufficio ha, inoltre, registrato 100 possibili casi di massacri e 54 ex-membri delle FARC-EP assassinati. Secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari, tra gennaio e novembre 2021, si è registrato lo sfollamento di 72.388 persone e il confinamento di 57.787 persone.
Il 15 marzo, l’uccisione di Miller Correa, autorità del Pueblo Nasa del nord del Cauca, ha scosso il Paese: leader stimato e riconosciuto, aveva partecipato, in diverse occasioni, ad alcune riunioni di alto livello con le Nazioni Unite. Diverse Ambasciate, la Delegazione dell’UE in Colombia, l’Alta Commissaria ONU per i Diritti Umani e la Missione di Verifica dell’ONU in Colombia hanno espresso pubblicamente la loro condanna per questo ennesimo vile assassinio.

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Situazione attuale

Non trova tregua la continua aggressione ai leader sociali in vari dipartimenti della Colombia. Le violazioni sono notevolmente aumentate anche in relazione alle prossime elezioni presidenziali. Secondo un documento della Missione di Osservazione Internazionale (MOE), ci sono almeno 131 municipi a rischio di frode o violenza, di cui 68 sotto estrema minaccia. Anche dall’Europa è stata richiesta una missione di osservazione elettorale internazionale per garantire il corretto svolgimento delle elezioni legislative e di quelle presidenziali, previste rispettivamente per il 13 marzo e per il 29 maggio. Nelle zone del Cauca, dell’Arauca e del Chocò, le situazioni di crisi umanitaria proseguono e producono continui sfollamenti soprattutto tra le popolazioni indigene, a causa degli scontri a fuoco tra le AGC e la guerriglia dell’ELN o con la dissidenza delle FARC.

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Situazione attuale

Le speranze di un nuovo anno all’insegna della pace si sono spente sin dai primi giorni di gennaio quando in Arauca hanno perso la vita almeno 23 persone a causa di uno scontro armato tra la dissidenza delle FARC-EP e la guerriglia dell’ELN. La crisi in questa regione si è protratta per settimane e rimane ancora precaria la situazione a livello di sicurezza per la popolazione civile.
Certamente ha avuto una risonanza mondiale la notizia del pronunciamento della JEP (Sistema di Giustizia Transizionale) sul caso del massacro avvenuto il 21 febbraio 2005 nel quale 8 persone della Comunità di Pace di San José de Apartadó, tra cui 4 minori e il leader Luis Edoardo Guerra, vennero trucidati dalla Brigada XVII dell’esercito e dai paramilitari del Bloque Heroes de Tolovà. La JEP ha, infatti, dichiarato che il massacro fu un crimine di guerra e di lesa umanità per il quale non esisterà prescrizione. Una piccola vittoria per la Comunità di Pace che, da sempre, sostiene l’inammissibilità del caso come conseguenza del conflitto, considerandolo un atto premeditato per sterminare i suoi membri.
Anche questo mese una scia di sangue ha causato tante vittime tra leader sociali e ambientali. Fra tutti, l’omicidio più ripudiabile è stato quello della giovane guardia indigena Breiner Cucuñame di soli 14 anni, difensore della Madre Terra assassinato da gruppi armati che si disputano il territorio nella regione del Cauca. Le ultime cifre fornite da Indepaz (Istituto di Studio per lo Sviluppo e la Pace) danno un quadro terribile della situazione: dall’inizio dell’anno sono 13 i massacri avvenuti nel Paese, e dalla firma dell’Accordo di Pace nel 2016 sarebbero ben 1.299 i leader assassinati. A fare le spese di tanta violenza anche le Nazioni Unite che hanno subito un attacco a San José del Guaviare per mano della dissidenza delle FARC-EP le quali hanno bloccato un loro convoglio e dato fuoco ai mezzi, senza fortunatamente causare feriti.

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Situazione attuale

Anche questo mese le cifre riguardanti le violenze in Colombia non lasciano dubbi rispetto alle grandi difficoltà emerse durante questi 5 anni dall’Accordo di Pace. Secondo i dati più recenti, riportati nell’ultimo documento delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA), tra gennaio e ottobre del 2021 lo sfollamento forzato è aumentato del 198% rispetto allo scorso anno. Solo il 18% delle persone sfollate sono riuscite a rientrare nelle proprie case e molti di quelli che ci provano lo fanno però senza nessuna garanzia di sicurezza. La regione più colpita da questo fenomeno è stata il Chocò, ma l’aumento della violenza, dovuto anche agli scontri tra diversi gruppi armati legali e illegali, si riflette di fatto in tutto il Paese.

Oltre alla enorme fragilità vissuta dalla popolazione costretta forzatamente a lasciare le proprie case, si aggiungono le minacce di morte dei gruppi neo paramilitari ai leader e ai movimenti sociali che, in varie parti del Paese, denunciano le violazioni dei Diritti Umani. In questo modo si continua a destare forte preoccupazione nella Comunità Internazionale, che è testimone di centinaia di omicidi di persone dedite alla costruzione del Diritto e della pace nel territorio colombiano.

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