Brano tratto da: “Crinali” di Elona Aliko, in “Basta un vento lieve”, collana DiMMi, Terre di mezzo, Milano, 2021.
Tel Abbas, 25 settembre.
Nel pomeriggio sono andata a trovare Walid, abita due baracche distante dalla nostra.
Ha costruito una specie di veranda fuori dalla sua tenda, quattro pali di legno e un nylon bianco rovinato dalle piogge e dal vento. Ci sono un tavolo in plastica e quattro sedie. Era solo e ho deciso di fargli compagnia. Mi piace molto parlare con lui, è un uomo saggio, figlio di uno Shaikh[1]. Mi aiuta a comprendere tante cose e situazioni che fatico a capire.
Walid è un uomo molto forte, nel suo grembo porta le ferite della guerra, di una bomba. Ha una stomia, porta un sacchetto per stomizzati per i suoi bisogni. Quando non riusciamo a procurargli i sacchetti adatti sua moglie glieli cuce con la stoffa; ma la stoffa gli procura infezioni alla ferita. Malgrado la sua condizione fisica è sempre sorridente, socievole e accogliente.
Ho voluto chiedere a Walid cosa si prova a non essere voluti dal proprio Paese, ma mi sono pentita subito dopo. Ho visto le lacrime scendere dai suoi occhi, con la voce rotta dal magone, mi ha detto che desidera tanto tornare in Siria, nella sua terra, nella sua casa. A Walid questa guerra ha portato via un figlio di 17 anni, Mohammad, e la dignità. Ha iniziato a evocare il vissuto in quella terra lontana ormai, a 5 km in linea d'aria da dove siamo seduti, irraggiungibile. Parlava e piangeva. Parlava, piangeva e sorrideva quando i ricordi erano felici. Ero commossa.