
È il 20 ottobre e siamo in macchina in viaggio verso Arsaal.
Arsaal: 130 mila persone, di cui i tre quarti sono siriani, organizzati in 160 campi profughi informali, cioè non riconosciuti dallo Stato, e per accedere all'area, militarmente protetta, è necessario un permesso.
Al di là del finestrino vediamo il paesaggio cambiare.
Avvicinandoci al confine nord-orientale del Libano, le pianure e gli altipiani alle nostre spalle lasciano spazio a terre ondulate colorate di ocra.
La terra è secca e le creste brulle sullo sfondo sono già in territorio siriano.
Ingraniamo una marcia più corta e mentre ci avviciniamo all'ingresso della città, prepariamo passaporto e permesso personale di accesso alla zona.
Arriviamo al posto di blocco, un militare con un cenno di capo ci fa segno di proseguire.
La strada scollina e davanti a noi si apre, leggermente più in basso il centro abitato di questo grande villaggio.