Una proposta di pace nata dai profughi siriani in Libano

Mercoledì 15 luglio 2020 si terrà a Padova il seminario dal titolo: Un’alternativa alla guerra, al terrore, al morire in silenzio. Una proposta di pace nata dai profughi siriani in Libano.

A quasi 10 anni dall'inizio della guerra in Siria, vediamo ancora in corso combattimenti, torture, stragi e milioni di profughi fuori dal paese, molti in condizioni inumane. Pochi quelli che sono riusciti a raggiungere l'Europa, mentre la maggior parte non ha ancora trovato un rifugio sicuro: emblematica è la situazione dei profughi siriani in Libano, che approfondiremo durante il seminario. Nonostante in occidente si stia diffondendo la errata convinzione che la guerra sia finita, in Siria continuano a non sussistere le minime condizioni di sicurezza per il rientro dei profughi. Milioni di persone vivono in un contesto che non è mai stato così drammatico.

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Febbraio 2020

Nel pomeriggio siamo andati a trovare A..
Aspettiamo che l'UNHCR ci dica quale ospedale è disposto a prenderlo in carico, nel frattempo lui sta male.
Questa settimana siamo impazziti a contattare medici e ospedali della zona, alla fine l'hanno preso e poi dimesso il giorno dopo senza averlo nemmeno visitato.
Siamo stati a casa loro il pomeriggio, a bere té caldo e chiacchierare.
Sono belli.
Hanno un modo molto delicato di porsi, sono tanto gentili.
E mi sembrano così puri, questo modo di raccontare la storia della loro vita e quello che passano ora, in maniera ferma e consapevole, ma non carica di odio.

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Febbraio 2020

Ieri sera, mentre andavo in bagno per lavarmi i denti prima di andare a dormire, mi sono affacciata sulle pareti delle tende del campo profughi di fronte.
È stato come se una parte della mia razionalità si fosse svegliata di botto: questo non è giusto. Come vive qui la gente non è giusto; le tende, le alluvioni, l'insicurezza, niente è giusto.
Qui la quotidianità mi abbraccia, il senso di umanità mi fa stare bene e spesso questo non mi aiuta a ricordarmi che ciò che i siriani vivono in Libano è un'ingiustizia enorme.
Io che ho la possibilità di vederla devo riconoscerla sempre e tenerlo in mente.
A volte la realtà di qui mi arriva addosso violentemente e non sempre mi trovo preparata, a volte le storie mi colpiscono e non so, sono stanca di chiedermi perchè sia così.

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In Piazza Martiri della libertà, la piazza più famosa di Beirut, hanno costruito delle tende.
Al centro della piazza dei giovani chiacchierano bevendo tè e fumando narghilé.
Vicino a loro, delle famiglie giocano con i bambini, un ragazzo con il suo mp3 collegato alla cassa diffonde la musica in tutta la piazza.
Attorno ci sono scritte, striscioni, murales.
Il messaggio è semplice e chiaro: il Libano ai libanesi.
«Questa rivoluzione ha come fine la riappropriazione degli spazi» ci racconta un manifestante.
«Beirut è una città così grande e varia eppure non dà molte possibilità di incontro, è composta da tanti quartieri e gruppi sociali che tra loro non comunicano molto. Noi invece sentiamo il bisogno di parlarci e di confrontarci, di riunirci, per questo siamo qui, in uno spazio che crediamo ci appartenga».

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Ogni volta che condivido pezzi della mia vita quaggiù mi sento fortunata.
Ho visto la morte ma ho anche visto la vita!
Il Libano è un luogo sempre meno ospitale per i rifugiati, le condizioni nei campi sono peggiorate, gli aiuti ai profughi tagliati.
Una grave crisi economica ha messo in ginocchio il Paese, spesso non ci sono soldi nella banche, e i poveri sono sempre di più anche tra i Libanesi.
Il prezzo di qualsiasi cosa è raddoppiato, lo zucchero costa troppo e spesso beviamo dei tè poco zuccherati.
Questo esempio può sembrare banale, ma chi conosce questa cultura sa quanto è importante offrire del cibo, poter almeno offrire una bevanda calda zuccherata.
La sanità rimane privata, i costi aumentano e i salari dei pochi fortunati che potevano ancora lavorare sono ora dimezzati.

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