Intorpidita:
Beirut sembra avvolta da un grigio torpore, e con lei chi la vive.
I primi giorni facciamo fatica a riconoscere la città, di solito molto frenetica e caotica.
Le strade sono svuotate e piene di vetri per terra, anche in zone molto lontane dall’esplosione.
Le persone si sforzano di sorridere, ma la stanchezza che si trascinano addosso si percepisce.
E ci contagia.
Non facciamo particolari sforzi durante il giorno, ma al rientro in casa la sera sentiamo sempre una stanchezza di cui non capiamo la ragione.
“Andiamo in giro e vediamo i segni della morte, sentiamo il suo odore. Facciamo finta che tutto questo sia normale, ma non lo è”.

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In questi giorni, come volontari di Operazione Colomba a Beirut, siamo al fianco di ragazzi e ragazze che, organizzatisi in una rete di solidarietà, portano cibo, medicine e aiuti per la ricostruzione a centinaia di persone in difficoltà e abbandonate a se stesse. Sosteniamoli!

“Questa zona era il fiore della città, il fiore nel cuore di Beirut. E guardate adesso...”.
Ci dice così un signore di Tripoli che non vede moglie e figlia da un anno, da quando è sceso a Beirut per lavorare, vivendo nello stesso posto in cui c’era il cantiere.
Il cantiere era qui davanti, a dove lo abbiamo incontrato, ora lui siede accanto a un negozietto che fa caffè e guarda l’edificio che è ancora in piedi ma ha subito grossi danni, non si sa quando potranno ripartire i lavori.
Siamo a Gemmayzeh, il quartiere dai palazzi antichi e locali notturni, siamo passati sotto la vecchia casa dove ho vissuto qualche anno fa durante il periodo universitario: rimane ancora bellissima, anche se gli infissi sono totalmente saltati, almeno la struttura resta in piedi, così come i balconi.

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Abbiamo conosciuto Mussab in una giornata lunga e travagliata, in un reparto ospedaliero situato in uno dei quartieri più poveri e marginalizzati della città di Tripoli, governatorato del nord Libano.
C’è voluto del tempo, molti sforzi e infinito impegno, ma grazie a una rete di solidarietà, composta da decine di persone e organizzazioni, a Mussab è stata data la possibilità di venire a curare in Italia, a Genova, il male che lo stava opprimendo.
È l’inizio di una storia di coraggio, desiderio e cambiamento, di cui alleghiamo qui sotto un altro capitolo.


Oggi Muss, come lo chiamiamo noi, ha discusso il suo elaborato concludendo il suo percorso alla Scuola Secondaria di Primo Grado.
E’ stato un colloquio pensato per lui… e lui ci ha messo intelligenza e cuore!
E noi alla fine, commossi, non riuscivamo neppure a parlargli e a salutarlo.

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Una proposta di pace nata dai profughi siriani in Libano

Mercoledì 15 luglio 2020 si terrà a Padova il seminario dal titolo: Un’alternativa alla guerra, al terrore, al morire in silenzio. Una proposta di pace nata dai profughi siriani in Libano.

A quasi 10 anni dall'inizio della guerra in Siria, vediamo ancora in corso combattimenti, torture, stragi e milioni di profughi fuori dal paese, molti in condizioni inumane. Pochi quelli che sono riusciti a raggiungere l'Europa, mentre la maggior parte non ha ancora trovato un rifugio sicuro: emblematica è la situazione dei profughi siriani in Libano, che approfondiremo durante il seminario. Nonostante in occidente si stia diffondendo la errata convinzione che la guerra sia finita, in Siria continuano a non sussistere le minime condizioni di sicurezza per il rientro dei profughi. Milioni di persone vivono in un contesto che non è mai stato così drammatico.

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Febbraio 2020

Nel pomeriggio siamo andati a trovare A..
Aspettiamo che l'UNHCR ci dica quale ospedale è disposto a prenderlo in carico, nel frattempo lui sta male.
Questa settimana siamo impazziti a contattare medici e ospedali della zona, alla fine l'hanno preso e poi dimesso il giorno dopo senza averlo nemmeno visitato.
Siamo stati a casa loro il pomeriggio, a bere té caldo e chiacchierare.
Sono belli.
Hanno un modo molto delicato di porsi, sono tanto gentili.
E mi sembrano così puri, questo modo di raccontare la storia della loro vita e quello che passano ora, in maniera ferma e consapevole, ma non carica di odio.

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