Crescendo ho imparato che i viaggi migliori sono quelli in cui vado a trovare qualcuno.
Anche l’incontro con il Libano è stato così, la prima volta a trovare parenti di amici siriani conosciuti in Italia, e poi dalla seconda è stato un continuo salutare dicendosi “a presto, inshallah”, andarsene con le lacrime sul viso per la nostalgia di chi stavo salutando e tornare ogni volta con un gran sorriso a riabbracciare chi avevo lasciato.
Ogni volta, sempre di più e sempre più spesso da quattro anni.
Stavolta è diverso.
Ogni volta lo è stato un po’, ma stavolta l’ho sentito dentro di me negli ultimi giorni prima di partire.
Lo scorrere del tempo in questi anni mi ha mostrato come le vite delle persone vadano avanti, per quanto io tenga più o meno aperta una finestra sulla loro quotidianità a seconda del periodo.

Leggi tutto...

Prima di andare via, 3 novembre 2020, 00:15

Non è stato vano.
Questa presenza.
Bilal che dopo un anno racconta la ragione per cui non è voluto partire per l’Italia quando mancavano ormai pochi giorni al viaggio, così dal nulla la racconta, senza dovergli fare alcuna domanda e volendo da solo entrare nei particolari.
“Pesca”, sua figlia, è bellissima, parla, ride, corre e scalcia come uno spirito libero.
Il suo sorriso è lo stesso di un anno fa ed è contagioso, ha solo perso la voglia di fare le bizze e la timidezza.
Jihad dentro si sente un uomo nuovo, e dice “questa è la vita mia, e devo farcela”.

Leggi tutto...

Finalmente potevamo permetterci di vivere nella casa dei nostri sogni.
Si trovava fuori dal centro di Homs, la casa di famiglia, grande e spaziosa.
Dopo anni di duro lavoro come professore, mio marito aveva risparmiato abbastanza soldi per poterla ristrutturare.
Ero felice, finalmente i nostri figli avrebbero avuto spazio abbastanza per crescere felici.
Passavo interi giorni insieme alle mie sorelle a pensare all'arredamento e alle feste che avremmo potuto organizzare in quella casa.
Tutta la famiglia riunita, ci stavamo tutti.
Ricordo ancora il ripiano di marmo della cucina, era nuovo, brillava.
Avrei potuto impastare il pane e cucinare tutto il cibo che volevo in quella bella cucina.
Tutto era pronto, mancavano gli elettrodomestici, i letti e la tappezzeria.
Ricordo quella lunga discussione con mio marito.
Quel mese voleva spendere i soldi dedicati all'arredamento per comprare una piccola macchina, improvvisamente la nostra si era rotta.
Insisteva per spendere quei soldi, io arrabbiata volevo la lavatrice, i letti e i tappeti.
Volevo trasferirmi il prima possibile.
Dopo una lunga discussione aveva vinto lui.
Aveva comprato una macchina, piccola e brutta.
Ogni giorno la guardavo e mi faceva rabbia, quella maledetta automobile aveva ritardato la vita che sognavo in quella casa.
Qualche settimana dopo quella maledetta macchina è diventata la nostra casa e la nostra unica via di salvezza.

Leggi tutto...

Anwar al-Bunni, avvocato siriano per i Diritti Umani nel Processo a Coblenza

 “Una volta, in un discorso in TV, ho detto che io amo questo Paese e gli sono molto grato per avermi accolto, ma non ho nessuna intenzione di integrarmi né di imparare il tedesco. Il Perché? È molto semplice: perché io voglio tornare a casa mia, in Siria”.

Ci ha detto così Anwar al-Bunni, durante un incontro nel suo ufficio di Berlino.
La mia reazione d’istinto sarebbe stata quella di sobbalzare dalla sedia e precipitarmi a tappare le orecchie ad Abdo, che è da poco in Italia ed era lì con noi, di dirgli di non ascoltare perché lui invece la nostra lingua la deve imparare per poter avere una vita decente in Italia, trovare un lavoro ecc, ecc.
Ma dentro di me sapevo benissimo che Anwar aveva ragione, come lo sa anche Abdo, che anche da qui continua a spendersi ogni giorno per la sua gente e per il suo Paese. Perché accogliere queste persone è giusto, ma non basta e forse serve a ben poco se non accogliamo anche le loro lotte e la loro voglia di giustizia e di riscatto.

Leggi tutto...