Sono ad At-Tuwani da pochi giorni e mi rendo conto di quanto il mio mondo sia distante da tutto questo e di quanto ancora mi manchino le parole per descrivere la realtà che mi circonda.
Ciò mi uccide doppiamente: non solo vivo, vedo e sperimento un soffocante senso di ingiustizia, ma non non trovo nemmeno le parole per descriverlo.
Mi convinco che è solo per via del fatto che sono ad At-Tuwani da 4 giorni.
La visita alle grotte di Sarura aprono una parte di me che credevo ormai morta e sepolta; quando ancora mi coinvolgevo in iniziative sociali e mi interessavo su ciò che accadeva nel mondo. Mi riconnetto alla realtà.

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Giornata di raccolta di olive a Burin e in tutta la Palestina.
Ci svegliamo alle 7:30 pronti per andare alla stazione dei pompieri per farci smistare dal coordinatore, G, nei vari uliveti posti sotto alle colonie di Yitzhar, Har Brakha e Giv'at Sne Ya'akov.
Arriviamo all’uliveto sulla strada numero 60 accompagnati dal figlio di B che ci indica la strada.
È un piccolo campo con una decina di olivi, B è sulla scala che sta già raccogliendo le prime olive, un salam aleikum, che la pace sia con te, riecheggia nell’aria seguito da un u aleikum assalam, e voi in pace.
Ci presentiamo e iniziamo anche noi a raccogliere olive.
Il tempo si dilata frammentato dai movimenti dei teloni neri da posizionare sotto gli uliveti per raccogliere le olive, ogni singola oliva è importantissima quindi bisogna prestare molta attenzione.

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Burin (Nablus), 19 ottobre 2019
Sabato 19 ottobre, nel villaggio palestinese di Burin, coloni israeliani dell'avamposto illegale di Givat Ronin hanno violentemente attaccato i contadini palestinesi impegnati nella raccolta delle olive e i volontari di Operazione Colomba che si trovavano con loro sul posto. I coloni hanno rubato le olive appena raccolte e appiccato il fuoco al campo. Hanno aggredito i contadini con lanci di pietre e colpi di arma da fuoco. Tre palestinesi sono rimasti feriti.

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Tempo palestinese, tempo dilatato.
In realtà questa volta siamo stati nei tempi e alle sei e qualche minuto del pomeriggio siamo effettivamente nel furgone. Bisogna fare accompagnamento ai pastori della Jordan Valley, mi ripropongo di andare, due giorni fa ci sono passato ma non ho avuto modo di conoscere bene i pastori e la zona, però è cresciuta a dismisura la curiosità.
E’ difficile stare dietro ai programmi, ho deciso che ci rinuncio e mi faccio trascinare, per ora so soltanto che l’accompagnamento si farà la mattina successiva mentre dormiremo in giro.
In giro dove mi hai chiesto? Non saprei dirtelo, davvero, però mi sembra di aver colto che si dorma nella casa abbandonata che abbiamo visto l’altro giorno, quella di I.
Si lo so, neanche io ho capito bene chi sia I, dev’essere un contatto di H ma dopo ti spiego meglio.

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La temperatura è cocente, ma il luogo molto bello.
Siamo nelle valli di Al-Ouja con un pastore, il figlio e il gregge.
Il paesaggio è semi desertico, colline di terra arida, sassi, conchiglie e ciuffi di paglia dorati.
L’army fa irruzione in questa collina, perché il pastore, lì, non ci può stare.
Cinque soldati, i pastori, noi con le telecamere e due israeliani, ci spostiamo.
Filmo e osservo la scena con distacco.
Non provo rabbia o paura.
Ma seguo con lo sguardo il bambino, cercando di cogliere le sue emozioni.
Un ometto sei.
Serio, responsabile del gregge, mentre il papà discute con i soldati.
Ti guardi in giro, attento.

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