
Dal 17 di ottobre le strade del Libano si sono infuocate: di rabbia, di gente, di suoni e di colori.
L’enorme e devastante incendio che si era diffuso pochi giorni prima in tutto il Paese ed il modo malsano con cui era stato gestito, aveva caricato la gente di tensione e di frustrazione, sentimenti che evidentemente covavano da tempo.
Le condizioni generali del Paese infatti sono critiche praticamente dalla fine della guerra civile, tanto da far sembrare normale, anche a noi che viviamo qui, che la corrente pubblica manchi per metà della giornata, che l’acqua non sia potabile, che tutto sia così tremendamente inquinato e che per qualsiasi cosa ci sia bisogno dell’intraducibile “wasta”, che possiamo definire in italiano come “raccomandazione”.
La classe politica fino a questo periodo ha sempre e solo dato una risposta: la colpa di tutto è dei siriani.
I profughi sono stati accusati addirittura dell’incendio sopracitato.