Abbudi è nel prato e corre avanti e indietro da oltre un’ora.
E ride continuamente.
Si fa spingere un po’ dalla sorella con il triciclo, poi corre dietro il pallone, poi si lancia verso lo scivolo.
La sorella ogni tanto si ferma a riprendere il fiato, poi si gira e chiede alla mamma: ma perché non si stanca mai?
Io sono seduta a guardarlo e la sua serenità mi contagia.

Leggi tutto...

Non conosco il rumore dei bombardamenti, la disgrazia della fame, la paura della morte.
Non conosco la speranza disperata a fianco delle preghiere, la sensazione di quando perdi tutto.
Non conosco il carcere, le violenze, le botte.
Io non conosco la guerra.
E solo immaginarla mi fa paura, mi si chiude lo stomaco, mi fa venire i brividi.
È difficile realizzare la sua disumanità.
A volte è addirittura difficile immaginarla reale.

Leggi tutto...

"La sua anima non è stata picchiata", me lo ripeto perché ho bisogno di trovare una parte di quest'uomo che non sia stata torturata. Uno spazio di pace.
Qualche giorno fa una volontaria mi ha raccontato la sua storia, e ora che sua moglie me la ripete continuo a cercare nella violenza della vita di quest'uomo una parte intatta, pura.
Cerco un piccolo frammento di pace, uno spazio pulito, una terra fertile e senza veleni.
La notte in tenda mentre sono sveglia perché fuori piove troppo e il rumore della pioggia del nylon non mi lascia in pace, penso a lui, e continuo a ricercare nella storia di quest'uomo una parte silenziosa e intatta.

Leggi tutto...

Abbiamo visto un uomo chinarsi su se stesso, arrotolato sul suo stesso dolore, su ciò che si è dovuto portare via insieme al suo corpo e al suo spirito dalla Siria e dai 7 anni in carcere che per il solo culto di dea Violenza e dio Potere ha dovuto scontare.
È qui in Libano da appena una settimana, fuori da una cella “di sicurezza” da circa 20 giorni.
La suocera dice che un essere umano così dolce lei non l’ha mai conosciuto, lui le dà un bacio sulla testa, nascondendo poi subito lo sguardo.
All’inizio parla a malapena, ma risponde ai nostri sorrisi con un bel sorriso, nonostante noi siamo degli sconosciuti e che gli manchi pure qualche dente.

Leggi tutto...

Piove sul bagnato si direbbe, anche se qui l’acqua sarebbe stata provvidenziale.
Tel Abbas, dove come Operazione Colomba viviamo, ieri sera (16 gennaio) verso le 21 è stato teatro dell’ennesimo accanimento del destino nei confronti dei siriani.
Un terribile incendio, causato da un cortocircuito all’interno di una tenda del campo profughi accanto al nostro, è divampato velocemente anche a causa del forte vento che spirava verso ovest, arrivando a lambire le tende del nostro campo, a circa dieci metri dalla nostra tenda.
La direzione del vento ha – magra consolazione – evitato che l’incendio si propagasse verso la parte più consistente del campo.
I pompieri arrivati dopo circa 40 minuti, sono riusciti a domare le fiamme e a consegnarci la triste visione di quello che è rimasto… il nulla.

Leggi tutto...