SITUAZIONE ATTUALE

Ad inizio anno, a causa dell’aumento dei casi di Covid in Israele (circa 8 mila al giorno), il governo ha imposto un lockdown totale di due settimane, poi prorogato fino a fine mese, vietando gli spostamenti tra Palestina e Israele.
Il 24 gennaio Israele ha chiuso l’aeroporto Ben Gurion a tutti i voli, bloccando anche la possibilità per i lavoratori di rientrare nel Paese. Dal 26 gennaio sono chiuse anche le frontiere di terra con Giordania ed Egitto. Queste chiusure hanno causato alcune proteste: il 26 gennaio, nella città israeliana di Bnei Brak, gli ebrei ultraortodossi hanno manifestato violentemente contro le misure anti-Covid imposte dal governo, incendiando un autobus che stava svolgendo il proprio servizio di trasporto pubblico. Anche in Palestina il lockdown è stato prorogato per tutto il mese di gennaio, ed è stato bloccato il movimento tra i governatorati, se non per motivi di assoluta necessità.

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SITUAZIONE ATTUALE

Con l’inizio delle vaccinazioni per il Covid-19 già dal mese di dicembre, Israele è diventando il primo Stato al mondo per percentuale di vaccinati, arrivando al 10% della popolazione già ad inizio del nuovo anno. A metà dicembre, infatti, la campagna di vaccinazione era già iniziata con il Primo Ministro Benjamin Netanyahu che si era fatto ritrarre durante la somministrazione del vaccino, insieme ad alcuni dei suoi ministri.
A metà del mese un lockdown totale è stato comunque imposto in Israele, e durerà fino alla prima settimana di gennaio: divieto di spostamenti tra città e tra Israele e Palestina, chiusura di ogni bene e servizio se non quelli di prima necessità.
In Palestina le prime dosi di vaccino arriveranno ad inizio gennaio, sebbene non vi siano le strutture adeguate per il mantenimento dei vaccini stessi. L’Autorità Palestinese ha dichiarato di voler vaccinare la popolazione nel minor tempo possibile, con la costruzione di strutture apposite nelle città più grandi, per ora Ramallah, Betlemme ed Hebron. A metà di dicembre è stato imposto il lockdown totale (prima solo nei governatorati di Hebron, Betlemme, Tulkarem e Nablus, e poi in tutti), con divieto di spostamento tra governatorati e chiusura di tutte le attività il venerdì e il sabato, oltre che un coprifuoco notturno. Questo è dovuto al numero ancora crescente di casi.
In Israele si sono indette nuove elezioni, che si terranno il 23 marzo 2021, a meno di un anno dall’accordo programmatico stipulato tra Likud e Blue & White. Sebbene l’accordo servisse per il mantenimento di un governo stabile, la mancata approvazione del budget di Stato (con una votazione avvenuta il 23 dicembre) ha portato la coalizione a collassare completamente, rendendo necessario indire nuove elezioni, le quarte degli ultimi tre anni.

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SITUAZIONE ATTUALE

Ad inizio novembre Israele ha allentato le misure di lockdown riaprendo i negozi e permettendo alle persone di muoversi nelle aree non considerate rosse. A fine mese, per evitare la risalita dei contagi, è stato però imposto un coprifuoco in area C, limitando i movimenti dalle ore 19 alle ore 6, e il venerdì e il sabato, se non per motivi di necessità e di lavoro. Il semi lockdown non ha comunque portato alla chiusura dei checkpoint, che continuano a funzionare.
La situazione si è fatta più difficile a Gaza, dove Israele non ha permesso l’entrata di diversi ventilatori nella Striscia. I posti di terapia intensiva sono circa 150, non sufficienti per il numero di pazienti. La diffusione del virus è strettamente connessa alla densità abitativa, la più alta al mondo, che non rende possibili le misure di distanziamento.
Si contano più di 600 positivi al giorno, portando il numero totale dei casi superiore ai 14.000. Il Governo non pensa alla possibilità di introdurre un lockdown generale a causa delle condizioni economiche già precarie nella Striscia, già sotto embargo di beni da Israele e dall’Egitto.

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SITUAZIONE ATTUALE

Ottobre è iniziato con Israele in pieno lockdown per la seconda ondata di Covid-19. Le misure, che dovevano concludersi ad inizio mese, si sono protratte fino al 18 di ottobre, quando è stato poi deciso di iniziare una fase di riapertura (con ancora la possibilità di dichiarare alcune città come aree rosse). Tra le misure inserite nella strategia di uscita, vi è stata la riapertura dei siti religiosi a Gerusalemme. Non è stato cancellato però il limite che non permette agli israeliani di allontanarsi dalle proprie abitazioni se non per motivi specifici. Proprio contro questa norma, che è stata accolta come limitativa della libertà di manifestare, il 3 ottobre sono state fatte una serie di grosse manifestazioni in tutto Israele, contro Netanyahu. La decisione di iniziare a riaprire il Paese è avvenuta dopo che si sono avuti il minor numero di casi giornalieri da giugno.
In Palestina non vi è stato un lockdown, ma sono state prese alcune misure di limitazione dello spostamento solo nelle aree in cui sono stati riportati un importante numero di casi: a fine ottobre erano circa 6 mila i casi di Covid-19, per un totale di circa 60.000 da inizio epidemia.

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SITUAZIONE ATTUALE

Nel mese di settembre in Israele la seconda ondata di Covid-19 ha portato ad un nuovo lockdown imposto almeno per tutto il periodo delle festività ebraiche (che terminerà il 14 Ottobre). Le misure sono state ulteriormente inasprite il 23 settembre, essendo Israele uno dei Paesi con il più alto numero di casi al mondo in rapporto al numero di abitanti.
A fine settembre si contavano in Israele circa 7 mila casi al giorno di Coronavirus, per un totale, da inizio pandemia, di circa 265 mila casi.
Il 30 settembre è stato imposto un ulteriore limite di movimento per coloro che stanno protestando contro il Primo Ministro (accusato di frode e corruzione).
In Palestina nessun nuovo lockdown è stato attuato dall’Autorità Palestinese. Sebbene si contino circa 70 nuovi casi al giorno, l’Autorità Palestinese ha dichiarato di avere la pandemia sotto controllo, non rendendo necessaria una nuova chiusura.

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